Page 54 - Via Crucis
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Profondo rosso in curia

          Per  ogni  euro  che  arriva  al  santo  padre,  appena  20  centesimi  finiscono  in  progetti
          concreti  di  aiuto  ai  poveri.  Questo  perché  la  situazione  nei  sacri  palazzi  è  fuori
          controllo:  quasi  tutti  gli  enti  nei  quali  l’ex  segretario  di  Stato  Bertone  ha  piazzato

          cardinali  italiani  di  sua  fiducia  mostrano  i  conti  in  rosso,  come  emerge  sempre  dal
          dossier riservato:

            Dagli schemi riepilogativi della situazione finanziaria si evidenzia che il 2012 si è chiuso con un disavanzo finanziario
            di 28,9 milioni di euro, dato dalla differenza di entrate per 92,8 milioni e di uscite per 121,7. Le uscite sono costituite
            per 66 milioni dal deficit di bilancio dell’Apsa (gestione immobiliare, nda), 25 milioni per il deficit della Radio vaticana,
            25,4  per  il  funzionamento  delle  rappresentanze  pontificie  e  5,3  milioni  per  il  funzionamento  e  spese  dirette  della
            segreteria di Stato. A fronte delle suddette entrate, la segreteria di Stato ripiana mensilmente e in via anticipata il
            deficit dell’Apsa e, in senso più ampio, della curia romana che, con le proprie risorse, non è in grado di raggiungere
            l’auspicato pareggio di bilancio.

          Ogni  anno,  dunque,  la  segreteria  di  Stato  deve  reperire  ingenti  capitali  che  preleva

          direttamente dalle offerte dei fedeli al santo padre:

            La  segreteria  di  Stato  è  quindi  costretta  ad  attingere,  ogni  anno,  alle  risorse  proprie  dell’Obolo  di  san  Pietro,
            sottraendone  una  consistente  parte  per  il  mantenimento  della  curia  romana,  soprattutto  a  copertura  dei  costi  del
            personale ivi impiegato che rappresenta la voce di spesa più consistente. […] La segreteria di Stato nel corso degli
            anni  ha  assunto,  di  fatto  e  per  necessità,  il  ruolo  di  ente  finanziatore  mediante  l’utilizzo  «improprio»  dell’obolo,
            raccogliendo anche le altre risorse attraverso le rappresentanze pontificie che sono il collegamento della Santa sede
            con le conferenze episcopali e le diocesi nel mondo.

          È la notizia più terribile che può ascoltare un papa che ha scelto con umiltà il nome del
          santo dei poveri.

            Perché  non  si  mettono  a  frutto  le  somme  raccolte  investendole  piuttosto  che
          accantonarle? Siamo stati in grado di accertare che i 377,9 milioni totali delle riserve
          del  Fondo  Obolo  di  san  Pietro  sono  distribuiti  su  conti  correnti  in  dodici  banche
          diverse: la somma più consistente è depositata allo Ior (89,5 milioni) e alla Fineco di

          Unicredit (78,5 milioni). Nei caveaux della banca d’affari Merrill Lynch riposano ben
          58 milioni di euro. Presso il Credit Suisse sono conservati 46,5 milioni. Tra il 2011 e il
          2012 tutti questi soldi hanno garantito interessi davvero modesti: solo 2.979.015 euro,
          in pratica nemmeno l’1 per cento. È un tasso così basso che sfiora il ridicolo. Perché?

          E soprattutto perché gli euro accantonati non vengono usati?
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