Page 53 - Via Crucis
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Sarà l’intervento diretto di Francesco, saranno le pressioni su Parolin e su Xuereb,
finalmente la risposta arriva. È il 30 gennaio. Dalla segreteria di Stato viene consegnato
un dossier di ventinove pagine dal titolo più che eloquente: «Venerato bilancio». Nel
primo documento riservato che abbiamo avuto modo di leggere si sottolinea che:
l’obolo consiste nella tradizionale colletta delle offerte raccolte nelle solennità dei Santi Pietro e Paolo. Essa è
affidata a uno specifico ufficio della sezione per gli affari generali della segreteria di Stato che è incaricato di gestire
la raccolta delle offerte per le opere caritative del santo padre e per la Santa sede. […]
Poi la segreteria di Stato precisa che quei dati sono protetti dalla massima segretezza.
Se, da un lato, viene pubblicato un analitico rendiconto annuale delle entrate relative all’Obolo di san Pietro, dall’altro
si è mantenuto finora un assoluto riserbo, nel rispetto delle superiori indicazioni circa il suo utilizzo, in quanto escluso
dal bilancio consolidato della Santa sede.
In pratica, a oggi, le offerte per i poveri rimangono un buco nero: segreto assoluto su
come vengono spese le somme e solo un «rendiconto» su quanto si incassa, evitando
così di dover contabilizzare gli importi nei bilanci ufficiali. Una scelta dettata da
«superiori indicazioni», ovvero dal segretario di Stato o dal precedente papa. Perché
tanto mistero? Che fine fanno quelle somme? Ecco la risposta, senza dettagli ma molto
illuminante:
La colletta viene utilizzata per le iniziative caritative e/o specifici progetti segnalati dal santo padre (14,1 milioni), per
la trasmissione delle offerte con specifica finalità (6,9 milioni) e per il mantenimento della curia romana (28,9 milioni).
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(Più l’accantonamento al Fondo Obolo per 6,3 milioni, nda.)
Questo significa che oltre metà delle offerte che arrivano dai fedeli di tutto il mondo e
che dovrebbero andare ai bisognosi finiscono invece nelle casse della curia. Per la
precisione si tratta del 58 per cento, se non consideriamo la somma accantonata. Una
percentuale consistente che in realtà è calcolata ancora per difetto e va sensibilmente
aumentata.
Se controlliamo voce per voce le «donazioni del santo padre» emerge chiaramente dal
documento inedito della segreteria che Benedetto XVI ha impiegato quei 14,1 milioni
più per sanare i conti dissestati della Santa sede che per le opere di carità: 5,5 milioni
sono andati alla tipografia, un milione alla biblioteca e 309mila euro alle fondazioni.
Importi destinati quindi a enti e strutture entro le mura leonine. In sintesi, dei 53,2
milioni incassati con l’obolo (2012), ai quali vanno aggiunti comunque 3 milioni di
interessi, ben 35,7 (67 per cento) vengono spesi per la curia e altri 6,3 milioni (12,4
per cento) rimangono inutilizzati, accantonati come riserve nel Fondo Obolo di san
Pietro.