Page 128 - Via Crucis
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prima dall’armadio blindato. Che significa?

            In particolare, i ladri hanno voluto restituire un carteggio riservato, risalente al 1970,
          su  affari  tra  il  Vaticano,  il  faccendiere  piduista  Umberto  Ortolani  e  il  banchiere
          Michele  Sindona,  con  diverse  missive  di  quest’ultimo  alla  gerarchia  ecclesiastica

          dell’epoca. Sono nomi che possono procurare grave imbarazzo alla Santa sede.
            Sindona, in particolare, è stato legato ai più potenti boss di Cosa Nostra attivi negli
          Stati  Uniti  negli  anni  Sessanta,  da  don  Vito  Genovese  a  Joe  Adonis,  sino  a  John
          Gambino. Insieme a monsignor Paul Casimir Marcinkus e al banchiere Roberto Calvi, il
          faccendiere  siciliano  è  stato  protagonista  del  periodo  più  tormentato  delle  finanze

          vaticane. Calvi è morto in circostanze misteriose a Londra il 18 giugno 1982, mentre
          Sindona è stato trovato privo di vita in carcere il 20 marzo 1986, dopo aver bevuto un
          caffè corretto al cianuro, a pochi giorni dalla sentenza che lo condannò all’ergastolo

          come  mandante  dell’omicidio  dell’avvocato  Giorgio  Ambrosoli,  commissario
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          liquidatore di una delle sue banche.  A lungo gli inquirenti ritennero che si trattò di
          suicidio in entrambi i casi. Solo a sei anni dalla morte si scoprì che Calvi era stato
          ucciso, ma nei vari processi tutti gli imputati sono stati sempre assolti.

            Umberto Ortolani, invece, è stato il braccio destro di Licio Gelli, gran maestro della
          loggia massonica deviata P2, che vantava salde relazioni con l’eversione di destra e le
          dittature sudamericane. Nel plico arrivato in Prefettura c’è anche lo scambio di lettere

          tra  monsignor  Giovanni  Benelli,  all’epoca  sostituto  della  segreteria  di  Stato,  e  il
          cardinale  Sergio  Guerri,  presidente  della  Commissione  per  lo  Stato  della  Città  del
          Vaticano che, a sua volta, si scriveva con Sindona. Dalle carte emerge che Ortolani e
          Sindona erano davvero di casa in Vaticano, e non solo grazie a una rete di relazioni e
          accordi  stipulati  negli  anni. A  Sindona  arrivavano  direttamente  presso  la  Santa  sede

          lettere così indirizzate: «Mr. Michele Sindona c/o Pope Paul VI, The Vatican, Rome
          (Italy)», a testimonianza di quanto il faccendiere siciliano fosse identificato con la curia
          romana.  Sindona  trattava  per  conto  del  Vaticano  affari  per  miliardi  di  vecchie  lire

          dell’epoca. A iniziare dalla cessione di pacchetti di aziende importanti, come la quota
          detenuta dall’Apsa nelle Smalterie genovesi, per la quale il faccendiere aveva offerto
          alla Santa sede l’equivalente in vecchie lire di 9,6 milioni di euro di oggi. Drammatica
          invece  la  storia  del  buco  nero  della  società  Pantanella,  cui  la  Santa  sede  versò  nel
          1968-69 circa 60 milioni di euro di oggi a fondo perduto e con varie ricapitalizzazioni,

          con l’idea disperata di sanare un’azienda che si mostrava quasi priva di futuro.
            Senza allarmismi, in Vaticano ci s’interroga: come interpretare questa mossa? Chi e
          perché ha voluto riconsegnare proprio queste lettere? Quale messaggio nascondono?

            La situazione va facendosi sempre più complicata. Del resto la guerra, per dirla con le
          parole scelte da Zahra in una conversazione con alcuni amici, «è ormai dichiarata». Il
          cardinale  Pell cerca di mandare messaggi rasserenanti, vuole mostrare di non essere
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