Page 125 - Via Crucis
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snoda sotto le strade romane percorse ogni giorno da migliaia di ignari fedeli e di
turisti. E non è un caso se lo Ior, l’impenetrabile banca del papa, detiene un deposito
con alcuni archivi riservati proprio nei sotterranei del palazzo delle Congregazioni, un
fatto che pochissimi conoscono.
Quando però gli investigatori scendono nei sotterranei trovano tutto in ordine, a
iniziare dalle numerose berline scure delle diverse ambasciate presso la Santa sede
parcheggiate nei garage. I depositi delle congregazioni e dello Ior non sono stati
manomessi. Il corridoio che porta al palazzo apostolico risulta chiuso. Difficile che i
ladri siano quindi passati dai tunnel per raggiungere la rimessa: il luogo sembra
inviolabile, essendo tra l’altro controllato da numerose telecamere. È davvero
improbabile che i malviventi si siano esposti al rischio di venire ripresi.
A questo punto l’ipotesi più realistica è che siano entrati da uno dei portoni
dell’edificio, quello che dà su piazza Pio XII. Ma la serratura dell’ingresso è
funzionante e in perfetto ordine. Significa forse che possedevano addirittura le chiavi?
Mistero. Di certo, devono essere passati da lì perché proprio da quel portone si accede
alla scala percorsa per raggiungere e forzare la porta di servizio, quasi mai utilizzata
della Prefettura, entrando così facilmente nei locali dell’organo di vigilanza delle
economie della Santa sede.
In Vaticano la notizia del furto si diffonde rapidamente e crea inquietudine e sgomento.
I membri della commissione sono naturalmente tra i primi a essere informati.
Rimangono sorpresi, allibiti e impauriti. Zahra è a Londra in viaggio d’affari, chiama di
continuo i suoi uomini di fiducia per conoscere ogni sviluppo delle indagini. Già lunedì
31 pomeriggio, tra le diverse ipotesi battute dagli inquirenti, quella del furto mirato
trova sempre più credito. Nessuno ritiene possibile che siano state scassinate numerose
casseforti delle congregazioni e della Prefettura solo per rubare poche centinaia di
euro. Chi può essere così incosciente e poco furbo da compiere un furto in una zona tra
le più controllate al mondo per portar via un bottino così magro? L’obiettivo vero –
questo il pensiero di alcuni tra gli investigatori – sono i documenti. Gli altri furti
sembrano una messinscena per depistare.
Già, i documenti, ma perché rubarli? A qualcuno interessa conoscerne il contenuto per
mappare i lavori della commissione o, forse, l’obiettivo è quello di sottrarre degli atti
per rallentare i lavori degli uomini vicini al vescovo di Roma? Di certo i ladri erano
molto bene informati: conoscevano perfettamente i luoghi, hanno aperto alcune porte
con le chiavi e, come se non bastasse, sapevano con precisione quale armadio blindato
forzare.
C’è pure un’altra ipotesi, la peggiore tra quelle al vaglio degli inquirenti, e che via via
si fa sempre più plausibile: il furto sarebbe un avvertimento criminale, una minaccia
nemmeno tanto velata a chi porta avanti il cambiamento. Come dire, tra le righe: