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pontefice. Dalla segreteria di Stato il cardinale Wells propone a Messemer di entrare

          nella  commissione  Cosea,  proprio  per  le  sue  specifiche  competenze  in  campo
          previdenziale.
            Nell’agosto del 2013 la spinosa questione del Fondo pensioni entra ufficialmente nel

          ventaglio degli impegni della commissione di Francesco. Tutto avviene con la massima
          riservatezza, per non turbare i sonni tranquilli della preziosa e operosa comunità che
          ogni giorno lavora in Vaticano e che nulla sa delle voragini del sistema pensionistico,
          tali da pregiudicare il futuro di molti dipendenti.
            L’invito di Messemer a formare un gruppo di lavoro non è quindi caduto nel vuoto.

          Anzi, si concretizza in tempi rapidi. La missione è affidata a un colosso nel campo della
          consulenza  direzionale:  la  Oliver  Wyman,  multinazionale  con  sede  a  New  York  e
          presente in oltre cinquanta paesi nel mondo. Wyman è delegata a compiere uno studio

          attuariale  per  stimare  la  situazione  finanziaria  del  Fondo  pensioni  e  valutare  se  la
          raccolta dei contributi previdenziali garantirà il futuro a tutti. Ai consulenti di Wyman i
          commissari  di  Cosea  chiedono  inoltre  di  «sviluppare  una  proposta  per  colmare  il
          deficit»,  come  si  evidenzia  nei  documenti  interni,  e  ridare  così  vigore  al  Fondo,
          assicurando una vecchiaia serena a tutti i dipendenti del  Vaticano, dai cardinali alle

          guardie svizzere.
            Anche  in  questo  caso,  come  spesso  accade  sui  vari  fronti  critici  progressivamente
          aperti dalle squadre messe in campo da Francesco, cardinali, vescovi e monsignori ben

          informati si dividono in due fazioni. Gli ottimisti, fedeli alla continuità con il passato,
          ventilano  l’ipotesi  di  dismettere  qualche  immobile  per  ripianare  il  bilancio.  E
          diffondono per mesi l’informazione che il buco reale ammonta a «soli» 40 milioni di
          euro. È la versione ufficiale, quella dell’ultima revisione attuariale del Fondo pensioni
          condotta nel 2011 da un professionista romano, che stimava appunto un deficit di 40

          milioni.  Niente  panico  dunque,  la  situazione  è  sotto  controllo.  Ma  ora  a  raccontare
          come stanno le cose ci sono i fedelissimi di Francesco, i realisti, tra cui il cardinale
          spagnolo Santos Abril y Castelló e il francese Jean-Louis Pierre Tauran. Loro sanno

          che la dimensione del deficit è ben maggiore delle cifre in circolazione, le informazioni
          per capire che il sistema previdenziale del Vaticano è sull’orlo del crac ci sono tutte.
          Altro  che  scenari  tranquillizzanti.  I  cardinali  più  vicini  al  papa  sollecitano  così
          ulteriori,  urgenti  e  soprattutto  seri  approfondimenti.  Sono  tutti  giustamente  convinti,
          come già registrato per altre questioni economiche, che solo con dati certi si potranno

          studiare e varare concrete contromisure da suggerire al pontefice.
            Con  una  certa  astuzia  i  collaboratori  di  Francesco  decidono  di  non  ostacolare  la
          diffusione dentro le mura di quelle notizie ottimistiche, la loro è una precisa strategia

          messa  in  atto  per  rasserenare  la  popolazione,  evitando  panico  e  allarmismo.  Sulle
          pensioni si gioca infatti una delle partite più delicate in  Vaticano: garantirle diventa
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