Page 58 - Peccato originale
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vigilanza, il 22 aprile 2004 gli inquirenti inoltrano una
rogatoria ai sacri palazzi. I due sono infatti cittadini
vaticani e in virtù dei Patti lateranensi non possono essere
sentiti per iniziativa di uno Stato straniero. Alla rogatoria
l’autorità vaticana non ha mai dato risposta.
Andando a ritroso, questo atteggiamento ha segnato
sempre l’inchiesta, a iniziare dai suoi esordi. L’allora
vicedirettore del Sisde Vincenzo Parisi, nella sua relazione
del 9 febbraio 1994 indirizzata al giudice istruttore, fu
perentorio: «Ritengo che le ricerche conoscitive sulla
vicenda siano state viziate proprio da quel diaframma
frapposto tra lo Stato italiano e la Santa sede». Sulla stessa
linea anche il sostituto procuratore generale Giovanni
Malerba, che nel 1997 sottolineò come «l’intera vicenda
della Orlandi fu caratterizzata da costante riservatezza da
parte della Santa sede che, pur disponendo di contatti
telefonici e probabilmente diversi, non rese partecipi dei
contenuti dei suoi rapporti la magistratura e le autorità di
polizia». 10
Del resto, rivelazioni improvvide e strani errori hanno
forse minato fin dall’inizio e in modo irreparabile anche
l’ultima inchiesta sul caso. Il fatto più clamoroso rimane
un’incredibile fuga di notizie verificatasi nel giugno del
2008, che ha avuto ripercussioni devastanti sull’indagine.
Il 22 giugno Rosa Polito dell’agenzia stampa Agi lancia in
rete un dispaccio in cui svela che l’ex amante di De Pedis,
Sabrina Minardi, ha deciso di collaborare con gli
inquirenti, raccontando dell’omicidio Orlandi e dei
rapporti tra l’ex fidanzato e il Vaticano, a iniziare dalle
attività di riciclaggio dello Ior di Marcinkus: «De Pedis
aveva interesse a cosare [sic] con Marcinkus, perché
questi gli metteva sul mercato estero i soldi provenienti
dai sequestri». Si tratta indubbiamente di uno scoop, ma
quella fuga di notizie, ripresa dai maggiori quotidiani e
dalle televisioni, produrrà effetti negativi sugli sviluppi
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