Page 60 - Peccato originale
P. 60
indagini, chiedere il processo per gli indagati o archiviare.
Capaldo puntava a chiedere il rinvio a giudizio degli
esponenti della banda della Magliana che avevano
pedinato Emanuela. Era convinto di aver assunto discreti
elementi per affrontare il processo e che la mossa avrebbe
infranto l’omertà che ancora regnava tra i testimoni. Il
procuratore aggiunto intendeva anche sviluppare una
nuova attività istruttoria, in particolare voleva
approfondire il fronte dei compagni di scuola di
Emanuela, perché alcune cose non tornavano. «Alcuni
compagni – rifletteva il magistrato con i suoi collaboratori
– sapevano qualcosa ma con ogni probabilità erano stati
invitati al silenzio da parte dei genitori, altri erano come
impazziti, altri ancora perfino minacciati. E, in effetti, in
questa vicenda il numero di persone che hanno perso il
senno, prima, dopo o durante l’inchiesta Orlandi, è
abbastanza ampio.» Tra questi Raffaella Monzi, allieva
della stessa classe di musica di Emanuela, l’ultima ad
averle parlato e ad aver visto la ragazza ancora viva.
Il procuratore capo Pignatone invece assume subito
una posizione opposta, cercando di convincere tutti che
ormai non si possa far altro che archiviare. Il
sorprendente epilogo è suggellato da una significativa e
pura coincidenza: era stato sinistramente annunciato già
tre anni prima, proprio negli stessi giorni dell’apertura
della tomba, da uno degli indagati. È il 20 maggio 2012.
Pignatone ha ormai preso il timone dell’inchiesta e ha
deciso di aprire la tomba. Il telefono di don Vergari è
ancora sotto controllo. E registra un’incredibile frase del
sacerdote, pronunciata per tranquillizzare un amico
preoccupato per il futuro dell’anziano prete. Nel
brogliaccio gli inquirenti sintetizzano così la
conversazione: «Don Piero ribatte che ormai aperta la
tomba lui non ha nulla da dire né da fare e che il giudice
che ha in mano la pratica è uno che vuole chiudere il
63