Page 61 - Peccato originale
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caso». Un’indiscrezione o una deduzione? A dirlo al
religioso, il giorno prima, era stata la vedova De Pedis:
«Tanto il procuratore nostro sta prosciogliendo… sta
archiviando tutto… è roba di pochi giorni, eh don Pie’?
Resista!».
Si determina così una spaccatura senza precedenti in
procura. Tre giorni dopo la riunione, il 17 aprile 2015,
Capaldo manda una lettera vibrante al procuratore capo,
rimasta a oggi inedita, che riproduciamo in Appendice.
Nella missiva il procuratore aggiunto sottolinea ancora «la
forza indiziaria» degli elementi acquisiti contro i vari
esponenti della banda della Magliana, che «impongono il
vaglio dell’udienza preliminare». L’unico punto di
incontro tra Pignatone e Capaldo è la richiesta di
archiviazione per don Piero Vergari, ma solo «per totale
insufficienza degli elementi indiziari e non per una
accertata sua estraneità al sequestro». Capaldo insiste
anche sulla necessità di ulteriori approfondimenti su un
inquietante personaggio che, solo pochi mesi prima, si era
affacciato nella vicenda. Il suo nome è Marco Accetti,
persona oscura e controversa, di professione regista, che,
dopo aver contattato diversi giornalisti, tra i quali anche il
sottoscritto, per attirare l’attenzione, va in procura e
dimostra una conoscenza molto approfondita della storia,
facendo anche ritrovare un flauto traverso che però mai si
riuscirà ad attribuire con certezza a Emanuela. Nella
lettera Capaldo elenca tutte le inquietanti circostanze che
fanno di Accetti persona informata, comunque da
considerare. Pignatone non vuole sentire alcuna ragione e
respinge ogni richiesta del suo primo collaboratore.
Raccogliendo il parere del sostituto Maisto, chiede così, il
5 maggio 2015, l’archiviazione al giudice delle indagini
preliminari. Ma Capaldo non intende arretrare. Fa un
gesto che nel mondo della magistratura assume una carica
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