Page 52 - Peccato originale
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scherzando. Quando si è accorto che nessuno gli credeva,
ha cambiato nuovamente idea, affermando che stava
provocando l’ex rettore per vedere come reagiva. Gli
inquirenti non hanno creduto a nessuna delle tre versioni.
Ho deciso allora di andare a cercare personalmente il
seminarista. Sono riuscito a rintracciarlo e a incontrarlo in
una casa di un piccolo paese in Campania, dove viveva con
altri seminaristi. Mi ha aperto la porta, mi ha fatto
accomodare in un soggiorno molto spoglio, mi ha offerto
un caffè ma, quando ha capito che ero a conoscenza del
contenuto imbarazzante della telefonata con don Vergari,
prima è impallidito poi ha cominciato a urlare invettive
contro di me e contro i giornalisti. Voleva che giurassi
sulla Bibbia, agitandola tra le mani, che mai avrebbe avuto
problemi. La sua non era la reazione di chi ha vergogna o
aggredisce per difendersi. Ripenso al suo sguardo: aveva
paura. Paura di essersi infilato incautamente in una storia
ben più grande di lui. «Don Vergari ci ospitava a casa,
eravamo cinque o sei, per ritrovare la nostra vocazione,
per diventare prete» mi ha raccontato. «Ci dava ospitalità,
eravamo come i ragazzi ai semafori che lavano i vetri per
mangiare e cercano qualche alloggio. Noi eravamo in
difficoltà, volevamo diventare preti, non avevamo un
posto dove stare.»
Ho provato a raggiungere anche don Piero Vergari.
L’ho incontrato a Taurania, un piccolo paese vicino a Rieti.
Proprio qui, negli anni Novanta, l’ex rettore di
Sant’Apollinare aveva fondato un’associazione per quella
che lui stesso indicava come un’importante «opera di
discernimento vocazionale». Aiutava giovani stranieri,
ospitandoli e assistendoli per i documenti necessari alla
loro permanenza in Italia. Ne valutava le possibilità di
accesso ai seminari e l’idoneità al sacerdozio. Un ruolo
decisivo: «Tra il 1988 e il 1991, dei miei ragazzi –
rivendicò con orgoglio davanti ai magistrati durante gli
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