Page 44 - Peccato originale
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collaboratore  di  papa  Francesco,  il  segretario  di  Stato
                cardinale Pietro Parolin, durante un incontro rimasto fino

                a oggi riservato. Tutto comincia il 23 marzo 2016, giorno
                di  Pasqua.  L’esortazione  di  papa  Francesco  echeggia  in

                una  piazza  San  Pietro  gremita  di  fedeli  che  seguono  la
                conclusione della benedizione Urbi et Orbi: «Ovunque ci
                si  adoperi  –  chiede  Bergoglio  –  per  favorire  la  cultura

                dell’incontro,  la  giustizia  e  il  rispetto,  che  soli  possono
                garantire il benessere spirituale e materiale dei cittadini!».

                Ad ascoltarlo in piazza San Pietro c’è anche Pietro Orlandi,
                fratello  di  Emanuela.  Ogni  volta  che  sente  la  voce  del
                papa, Pietro ripensa al momento di fortuna che ha avuto

                solo  qualche  anno  prima,  il  17  marzo  2013.  Il  nuovo
                pontefice  era  stato  appena  eletto  e  lui  aveva  avuto  la

                possibilità  di  incontrarlo  e  di  parlarci  per  pochi  ma
                cruciali secondi:


                     Venni  a  sapere  che  quel  giorno  papa  Francesco  era  a  messa  a
                     Sant’Anna,  così  andai  in  chiesa  con  mia  madre  a  seguire  la
                     celebrazione.  Qualche  minuto  prima  della  conclusione  raggiunsi  la
                     sacrestia  sperando  di  incontrare  il  papa  subito  dopo  la  funzione…
                     passavano i minuti ma non arrivava… Alcuni commessi mi dissero che
                     il papa era fuori sul sagrato a salutare i fedeli. A questo punto mi sono
                     messo anch’io in fila dietro di loro con mia madre. Appena Domenico
                     Giani, il capo della Gendarmeria, che stava a un metro dal papa, mi ha
                     visto,  subito  ha  sussurrato  qualcosa  sottovoce  al  pontefice,
                     indicandomi  con  lo  sguardo.  Mi  sono  fatto  coraggio  e,  quando  è
                     arrivato  il  mio  turno,  ho  stretto  la  mano  al  papa  e  lui  mi  ha  detto:
                     «Emanuela  sta  in  cielo».  Sono  quasi  rimasto  senza  parole.  Mi  si  è
                     gelato il sangue. La stessa frase l’ha poi ripetuta a mia mamma subito
                     dopo. Quattro parole che non mi sono mai bastate. Anche perché non
                     abbiamo  mai  avuto  la  prova  dell’uccisione  di  Emanuela.  Perché  il
                     papa mi ha detto quella frase? È un segno di apertura? Per questo, da
                     quel giorno ho cercato di avere un aiuto da Bergoglio e dai suoi più
                     stretti collaboratori.  6


                Quel  giorno  in  piazza  San  Pietro,  Orlandi  riflette  sulle
                parole  scelte  dal  pontefice:  rispetto,  incontro,  giustizia.

                Valori che mal si conciliano con la notizia che ha saputo
                da poco: gli archivi del Vaticano custodiscono un dossier

                segreto  su  Emanuela.  Si  riaccende  ancora  una  volta  la


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