Page 41 - Peccato originale
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vero e proprio cimitero. Per tre mesi gli uomini in tuta
bianca portano avanti un’operazione che rimane senza
precedenti nella storia dell’antropologia forense mondiale.
La tomba che ospita il corpo di De Pedis viene subito
scoperchiata. Il sarcofago è «identico a quello costruito
per papa Giovanni XXIII», come rimarcava lo stesso don
Piero Vergari già nel 2009-2010, quando venne sentito
per tre volte come testimone da Capaldo, con l’obbligo di
dire la verità. Le analisi del Dna confermano che si tratta
proprio di lui. Poi si passa agli ossari. Dopo la
ristrutturazione voluta dall’Opus Dei, successiva alla
sepoltura di De Pedis, tutte le 52.188 ossa umane
conservate, intere o in frammenti, erano state raccolte in
centinaia di voluminose cassette di zinco, riposte sia
nell’ossario che si trova sotto l’altare, sia in un pozzo
situato sotto la pavimentazione della cripta, denominata
Grotta dei Martiri.
Mai prima d’allora era stato censito un intero cimitero,
con quasi sessantamila reperti. Viene analizzato ogni
frammento. Si selezionano le ossa compatibili per età e
sesso con quelle di Emanuela per estrarne il Dna e
procedere quindi alla comparazione genetica con i profili
salivari prelevati ai familiari. Il sospetto degli inquirenti è
che i resti della povera ragazza siano mimetizzati tra i tanti
altri inumati ufficialmente più di un secolo prima. Infine
si dispone l’ispezione di diverse parti del complesso
immobiliare, tra sottotetti, soffitte, anfratti non presenti
nelle piantine. Un lavoro millimetrico, che suscita anche
l’irritazione del rettore don Huidobro: «Nella basilica
hanno cercato i resti della ragazza con un certo
accanimento, non si è lasciato inesplorato nemmeno un
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centimetro». I risultati vengono così riportati alla
magistratura che segue le indagini:
Le attività all’interno della cripta, tese alla ricerca dell’ossario
presente in basilica, permettevano di rinvenire 89 cassette e un sacco
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