Page 36 - Peccato originale
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semplice coincidenza. A sostegno di questa ipotesi arriva
anche un altro elemento: monsignor Gänswein, primo
segretario di Ratzinger, venne sicuramente informato
della trattativa che si era aperta con la procura di Roma e
ottenne un dossier riservato sulla vicenda. Non aveva dato
il via libera all’accordo ma nei mesi antecedenti aveva
facilitato e favorito l’interlocuzione tra i protagonisti. Non
sappiamo se Gänswein agisse a titolo personale o se
avallasse l’iniziativa con la benedizione di Benedetto XVI.
Ma è davvero credibile che il segretario del papa abbia
sostenuto il dialogo tra magistratura e Santa sede senza
informare e chiedere il consenso del santo padre? Visto il
ruolo delicato e apicale che Gänswein ricopriva, sarebbe
da escludere. Come mai tutto questo fervore
nell’entourage di Ratzinger se non perché Benedetto XVI
tentava di chiudere per sempre questa brutta storia del
passato?
Un ulteriore episodio, rimasto sconosciuto fuori e
dentro le mura leonine e che qui siamo in grado di
raccontare, potrebbe anticipare di diversi mesi la scelta
della rinuncia di Benedetto XVI, una decisione che il
Vaticano fissa al marzo del 2012, quando il papa si recò in
Messico e a Cuba. Proprio nell’inverno del 2011-2012, cioè
in concomitanza con l’apertura della trattativa sul caso
Orlandi, una notizia turbò non poco le suore visitandine in
quel momento ospiti del monastero Mater Ecclesiae, fatto
costruire nel 1992 da Giovanni Paolo II, proprio a pochi
passi dalla basilica di San Pietro, affinché le sorelle di vari
ordini, a turno, potessero pregare per il papa all’interno
del piccolo Stato. Venne loro comunicato che avrebbero
dovuto lasciare in anticipo le loro dodici celle e l’amato
orto, dove coltivavano con passione verdure biologiche.
Per ricomporre il naturale stupore, alle sorelle fu spiegato
che erano stati decisi alcuni inderogabili lavori di
ristrutturazione che avrebbero interessato tutto l’edificio.
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