Page 34 - Peccato originale
P. 34
grande attenzione dal segretario del pontefice Georg
Gänswein, che ne fa cenno a Benedetto XVI per poi
riporre lo scritto nella sezione più riservata del suo
archivio. Di fatto in quelle carte viene sollevata ogni
responsabilità della curia nella vicenda ma si indicano i
nomi di persone ormai decedute, rimaste coinvolte a titolo
diverso nel rapimento. Una verità sconvolgente: dunque
in Vaticano, in un fascicolo riservato, sarebbero indicati i
nomi di alcune persone rimaste coinvolte nella scomparsa
della giovane Emanuela. Una verità che spiega forse
perché Wojtyła, mal consigliato da chi aveva interesse a
dissimulare, orientò subito l’attenzione verso trame
internazionali rivelatesi poi inesistenti. Tra i collaboratori
del papa, tuttavia, in diversi sospettano che la versione del
documento fatta circolare tra un ristretto numero di
persone fosse solo una parte della verità, la porzione
edulcorata di un dossier più corposo, rimasto
segretamente custodito negli archivi della segreteria di
Stato.
Il primo a rivelare in procura, già alla fine del 2010,
l’esistenza di un dossier sul caso Orlandi, era stato un
anziano monsignore, Francesco Salerno, vescovo ben
informato delle vicende curiali, scelto da Paolo VI come
cameriere segreto soprannumerario di Sua Santità, già
consigliere di Stato, segretario della Prefettura per gli
affari economici della Santa sede, morto nel gennaio del
2017. Negli ultimi anni di vita, Salerno si era speso per
arrivare alla verità, intrattenendo rapporti con diversi
magistrati della procura di Roma, i quali dunque già
sapevano dell’esistenza di carteggi mai consegnati dalle
autorità vaticane. Esisterebbero due versioni del dossier.
La prima, edulcorata, da far circolare in un ambiente
ristretto, l’altra, più ampia e completa, custodita forse da
chi non aveva interesse che il «contratto» suggellato da
quella stretta di mano con il magistrato fosse portato a
37