Page 37 - Peccato originale
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Il palazzo non aveva nemmeno vent’anni, le monache di
clausura ci vivevano senza lamentarsi di niente,
trascorrendo il tempo tra preghiere, letture e la cura delle
piante. Ovviamente non replicarono, preferendo
raccogliersi in riflessione. Eppure sarebbero dovute
rimanere lì fino al 2014, come prevede lo statuto del Mater
Ecclesiae, che dal 1994 indica l’alternanza ogni cinque
anni di gruppi di sorelle dei diversi ordini monastici. Le
clarisse erano state le prime ospiti, fino al 1999, seguite
dalle carmelitane scalze, poi dalle suore benedettine,
rimaste fino al 2009, l’anno di arrivo delle monache
visitandine dell’ordine fondato da san Francesco di Sales.
Adesso tutto cambiava. Le sorelle del Mater Ecclesiae
stavano così immaginando il loro trasferimento negli altri
conventi dell’ordine, sparsi nel mondo. I lavori di
ristrutturazione sarebbero iniziati il novembre successivo
e bisognava rispettare le disposizioni superiori.
Nessuna di loro poteva anche solo immaginare che la
ristrutturazione sarebbe servita per trasformare il
monastero nella residenza del primo papa dimissionario
nella storia della Chiesa moderna. Benedetto XVI stava già
pianificando con discrezione ogni mossa, spendendosi in
più direzioni per assicurare che la scelta clamorosa di
lasciare il timone della barca di Pietro rafforzasse davvero
la Chiesa. Non ultima quella di togliere dove possibile le
zavorre che potevano pesare su un nuovo pontificato. La
storia di Emanuela Orlandi, come altre clamorose vicende
che racconteremo nei prossimi capitoli, indeboliva la
credibilità della Chiesa, aggravando quella crisi della fede
che da tempo preoccupava Benedetto XVI. Ormai però i
fragili meccanismi della trattativa erano compromessi. La
volontà di cambiamento era stata intercettata e sabotata.
Quel portone del Vaticano, che si era socchiuso per un
attimo, si era all’improvviso richiuso. Stavolta forse per
sempre. La scelta del nuovo procuratore capo di Roma
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