Page 35 - Peccato originale
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termine.
È possibile ritenere che il dossier in versione ridotta
portato all’appartamento pontificio dovesse servire ad
ammettere che in Vaticano alcuni sapevano cosa era
accaduto. Si arrivava comunque a un vicolo cieco, poiché
la persona indicata in quelle carte era un cardinale ormai
deceduto. In altre parole si faceva capire che non c’era
nessuna colpa da attribuire al Vaticano di oggi. Il dossier
andava nella direzione opposta all’accordo, rendendo
concreta la possibilità di archiviare la questione senza
dover pagare alcuno scotto. Ma quella del memoriale era
una realtà parziale e manomessa, tant’è che la procura,
pur conoscendone da tempo l’esistenza, non lo chiese mai
come contropartita dell’accordo.
Quel monastero dietro la cupola
Non contestualizzare la trattativa sul caso Orlandi nel
particolare periodo storico che il Vaticano stava vivendo
sarebbe un errore. Siamo infatti alla vigilia della rinuncia
di Benedetto XVI, una scelta clamorosa, formalizzata nel
febbraio del 2013 ma che Ratzinger stava
progressivamente maturando già da mesi, come qui siamo
in grado di documentare. Non sappiamo quando, con
precisione, il pontefice tedesco abbia preso la decisione
ma è logico pensare che dal giorno della drammatica
scelta Benedetto XVI abbia lavorato per preparare la
Chiesa al momento fatidico in cui avrebbe annunciato al
mondo intero la sua rinuncia. E come prepararla se non
cercando di risolvere le questioni più spinose? La
concomitanza tra l’apertura della trattativa sul caso
Orlandi, la necessità non più procrastinabile di prendere
una decisione sulla tomba di De Pedis e la tormentata
vigilia della rinuncia di Ratzinger sembra ben più di una
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