Page 252 - Peccato originale
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cinquecento anni difende il papa e i suoi palazzi.
Dialogando con il settimanale elvetico «Schweiz am
Sonntag», Elmar Theodor Mäder, cinquantun anni, il
colonnello che dal 2002 al 2008 ha guidato l’esercito
svizzero al servizio del pontefice, puntò l’indice: «Esiste in
Vaticano una lobby gay talmente potente da essere
pericolosa per la sicurezza del pontefice. Dell’esistenza di
quella lobby posso parlare per esperienza personale».
Nell’intervista l’ex comandante delle guardie svizzere
svelava qualche sorprendente retroscena. La situazione
era degenerata al punto che proprio in prima persona
aveva dovuto mettere sull’avviso i suoi uomini riguardo
alle attenzioni e alle avances di alcuni esponenti della
curia.
«Il problema è che questa rete – sottolineava – è
composta da persone talmente fedeli l’una all’altra da
costituire una sorta di società segreta. Per questo motivo,
se avessi scoperto che uno dei miei uomini era gay, mai e
poi mai gli avrei consentito di fare carriera. Anche se per
me l’omosessualità non costituisce un problema, il rischio
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di slealtà sarebbe stato troppo elevato.» A queste parole,
la reazione del Vaticano non si fece attendere e fu affidata
a Becciu, che dalle colonne de «la Repubblica» lanciò un
appello: «Ancora una volta si parla dell’esistenza di una
lobby gay in Vaticano, ma come altre volte è capitato non
si fanno né nomi né cognomi». Dichiarazioni che vennero
anche lette da una parte della curia come un chiaro segno
di debolezza. Non c’era certo bisogno di una pubblica
denuncia per individuare i componenti della lobby gay
sulla quale, del resto, erano stati dettagliatamente
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informati sia Benedetto XVI sia Francesco. Da parte sua
Francesco, dopo aver affermato, nel giugno del 2013, sul
volo di ritorno da Rio de Janeiro, che «esiste una lobby
gay», un mese dopo, a luglio, aveva cercato di
ridimensionare la portata della sua denuncia: «Si scrive
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