Page 256 - Peccato originale
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Benedetto XVI, papa Francesco, l’ex comandante delle
guardie svizzere. A volte qualche alto prelato ha cercato di
ridimensionarne ruolo e portata, ma rimane una realtà
che soffoca trasparenza, meritocrazia e democrazia nei
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processi decisionali della curia. Che un gruppo gay sia
ancora attivo all’interno delle sacre stanze è confermato
dall’episodio di don Luigi Capozzi, che esprime tutta
l’attualità dell’allarmante questione. Perché infatti questo
monsignore godeva quantomeno di inconsueti privilegi?
Chi e perché glieli aveva concessi? «La lobby gay si crea –
prosegue don Coppola – per le ramificazioni sentimentali
e più spesso sessuali che si sviluppano di nascosto tra i
prelati omosessuali. È chiaro che dopo una relazione
clandestina rimane un segreto da condividere e gestire che
diventa foriero anche di indulgenze, favori, pressioni o
ricatti in un turbinio di forze contrapposte che nulla
hanno a che vedere con il Vangelo. Di certo la situazione
rispetto al passato è peggiorata perché nessuno riesce a
risolverla.»
Già dai tempi di Paolo VI i comportamenti omosessuali
in curia erano noti, ma non se ne parlava. E questo non
era un problema. Il problema è sorto quando alcuni
sacerdoti, uniti dalla loro omosessualità, sono arrivati a
influenzare le scelte di potere dei più stretti collaboratori
del papa. La rete omosessuale del Vaticano è diventata col
passare degli anni una filiera che riesce a mettere in moto
la cosiddetta macchina del fango contro questo o quel
personaggio di curia, a promuovere carriere e azionare
meccanismi clientelari.
Se il teologo Berger ha affermato che nei primi anni
Duemila l’omosessualità in Vaticano non era tanto legata
al desiderio di fare carriera in curia, in tempi più lontani le
cose andavano diversamente. Ne è un esempio quanto
accadde all’ex cerimoniere pontificio Tony Adams, pastore
americano del Connecticut oggi sessantacinquenne,
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