Page 216 - Peccato originale
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di  potere  e  di  intimidazione  nei  più  giovani  seminaristi  (che  si
                     sentivano di fatto a lui subalterni). È questa la ragione per cui Paolo si
                     sentiva  obbligato  a  cedere  alle  sue  richieste,  le  quali  infatti
                     sottendevano un sottile e inespresso ricatto: in caso di resistenza alle
                     richieste,  il  mio  amico  studente  avrebbe  potuto  avere  dei  problemi
                     con  i  superiori  o  sarebbe  stato  «punito»  con  l’assegnazione  di  un
                     ruolo  più  marginale  nello  svolgimento  del  servizio  liturgico,
                     soprattutto in occasione delle celebrazioni pontificie.
                     Le  stesse  preoccupazioni  erano  alla  base  del  mio  imbarazzo  e  della
                     mia paura a denunciare apertamente i fatti dei quali ero testimone.
                     Una  mia  presa  di  posizione  diretta  ed  esplicita  avrebbe  infatti
                     determinato  il  mio  allontanamento  dal  seminario,  essendo  io
                     consapevole del fatto che Antonio godeva di una speciale protezione
                     da parte della gerarchia. La crescente angoscia di fronte al ripetersi
                     degli  avvenimenti  sopra  ricordati,  unita  alla  paura  di  essere
                     allontanato,  mi  indussero  comunque  a  confidare  le  mie
                     preoccupazioni  e  il  mio  sconcerto  al  mio  direttore  spirituale  (e
                     direttore spirituale dell’intero seminario), don Marco.


                Di fronte a questa situazione di vessazioni e abusi, Kamil
                Jarzembowski aveva cercato una strada perché le autorità
                superiori  potessero  prendere  provvedimenti  e  sanare  il

                preseminario             da      una       situazione         ormai         divenuta
                intollerabile.  La  reazione  fu  però  sorprendente:  nessuno

                sembrava prendere a cuore la vicenda. Ma il seminarista
                non si perse d’animo:


                     Questi [il direttore spirituale don Marco, nda], senza indicare il mio
                     nome, su mia esplicita richiesta riferì gli avvenimenti in questione al
                     vescovo responsabile e ai superiori gerarchici. Questa comunicazione
                     non  sortì  nessun  effetto  e  cadde  nel  vuoto.  Afflitto  da  una
                     preoccupazione  ancora  maggiore  e  da  un  profondo  senso  di
                     solitudine,  denunciai  questi  fatti  al  vicario  di  Sua  santità  per  il
                     Vaticano, cardinale Angelo Comastri, il quale, dopo avermi ricevuto
                     presso  il  suo  ufficio,  mi  disse  che  avrebbe  informato  dei  fatti  il
                     vescovo,  che  egli  riteneva  competente  rispetto  ai  fatti  medesimi.  Di
                     fronte  a  questa  scelta  io  rimasi  perplesso,  dal  momento  che  mi
                     aspettavo un suo intervento diretto, esercitando il cardinale Comastri
                     il ruolo di ordinario della diocesi nella quale si stavano svolgendo i
                     fatti  denunciati.  Comastri  non  prese  nessun’altra  iniziativa  dopo  la
                     sua decisione di rimettere ad altra autorità il caso in questione. Del
                     resto  nessuno  prese  iniziative.  Di  fronte  al  silenzio  perdurante  e
                     all’indifferenza  delle  persone  che  ritenevo  doveroso  interpellare
                     secondo  una  procedura  legittima  e  naturale,  decisi  di  rivolgermi
                     direttamente alla Santa sede, in particolare alla segreteria di Stato e
                     alla Congregazione per la dottrina della fede. Ho ricevuto una missiva


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