Page 212 - Peccato originale
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derogare al protocollo che fissa tra i venti e i trenta minuti
il tempo che il papa dedica a un capo di Stato in visita
ufficiale. Senza dimenticare che alle 9.30 Francesco dovrà
raggiungere piazza San Pietro, che già si è riempita di
fedeli per l’udienza generale.
Ad alcuni sacerdoti del suo seguito torna in mente
anche un altro passaggio dell’omelia del giorno prima. Un
punto delicato in cui Francesco ha criticato la Chiesa
quando allontana chi svela ciò che in essa non funziona:
«Quando qualcuno denuncia tanti modi di mondanità è
guardato con occhi storti, questo non va. […] Una Chiesa
senza martiri dà sfiducia; una Chiesa che non rischia dà
sfiducia; una Chiesa che ha paura di cacciare via i demoni,
gli idoli, l’altro signore, che è il denaro, non è la Chiesa di
Gesù».
A solo un giorno da quell’omelia, di lì a qualche
minuto, le sue parole si concretizzeranno in un episodio
inatteso.
Sia i capi di Stato che vogliono incontrare il papa sia i
pellegrini che desiderano partecipare all’udienza generale
devono inoltrare richiesta alla Prefettura della casa
pontificia retta dall’arcivescovo Georg Gänswein, storico
segretario personale di Benedetto XVI. Così aveva fatto lo
staff di Trump per l’appuntamento di quella mattina nella
sala della Biblioteca; la stessa procedura aveva seguito un
giovane romano per partecipare all’udienza generale.
Chiameremo quest’ultimo con il nome di fantasia di
Marco, una scelta a sua tutela, perché eviti pressioni,
essendo lui testimone di fatti che potrebbero rivestire
rilevanza penale.
Il giovane, che dopo aver studiato in seminario aveva
preferito dedicarsi da laico all’insegnamento della
religione cattolica, in realtà aveva un piano più ambizioso.
Per attuarlo si era mosso con scrupolo e attenzione.
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