Page 202 - Peccato originale
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La segreteria per l’Economia ha patito per gli scandali che
hanno chiamato in causa il suo prefetto fin dagli esordi
della sua breve esistenza: il cardinale George Pell, colpito
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prima dalle spese pazze che effettuava e poi dalle accuse
di aver coperto pedofili in Australia. Una situazione
divenuta sempre meno gestibile, fino a quando, nel giugno
del 2017, è arrivata l’incriminazione di Pell per gravi reati
sessuali, che ha spinto il vescovo arrivato da Sydney per
moralizzare la curia corrotta a compiere un passo indietro.
9 La sua posizione è come «congelata», in attesa degli esiti
giudiziari. Dietro la foglia di fico di un pruriginoso
garantismo, la scelta dovrebbe nascondere una
motivazione più complessa. Non gli sono state chieste le
dimissioni perché ciò avrebbe in qualche modo avallato le
accuse e, soprattutto, ipotecato la quantomeno azzardata
decisione di Francesco di averlo come braccio destro agli
inizi del suo pontificato. Tantomeno lui si è dimesso. 10
Il Vaticano ignora le accuse, papa Francesco difende
Pell, che però, anziché esser grato a Bergoglio, critica
durante il Sinodo la posizione del pontefice e
successivamente in più occasioni private l’esortazione
apostolica Amoris laetitia (è nota l’appartenenza di Pell
alle frange più tradizionaliste della Chiesa cattolica).
Addirittura quando Pell compie settantacinque anni (l’8
giugno 2016) e presenta al papa le dimissioni dall’incarico
per raggiunti limiti di età, Francesco non le accoglie, le
tiene ferme sulla scrivania. Un cardinale amico di
Francesco commenta: «Il papa non vuole accogliere
adesso le dimissioni di Pell, altrimenti dovrebbe
rimandarlo subito in Australia e lì finirebbe di certo male.
Francesco vuole prima capire come si concludono le
indagini per le accuse di pedofilia».
C’è però da chiedersi come mai nessuno abbia
segnalato in tempo a Bergoglio la reale gravità della
situazione di Pell, perché sono rimaste inascoltate sia le
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