Page 206 - Peccato originale
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Benedetto XVI, oggi la situazione si è ribaltata, con un
pontefice decisionista e forte, e un segretario debole, che
si limita a eseguire le richieste del papa. Tra l’altro Parolin
patisce la frequenza dei viaggi papali, che non gli
permettono di poter svolgere il lavoro d’ufficio come
vorrebbe. Da buon burocrate qual è, infatti, critica spesso i
metodi poco ortodossi dei cardinali che, scavalcando la
segreteria di Stato, accedono direttamente alla stanza del
papa, stringendo accordi diretti con lui e lasciando «i
burocrati di curia» spesso all’oscuro di tutto.
Accettando l’incarico di primo collaboratore del papa,
Parolin ha avanzato la richiesta di poter formare una sua
squadra. Ma questo, nei fatti, non si è mai realizzato in
pieno. Ha avuto la possibilità di scegliere il segretario per i
Rapporti con gli Stati, monsignor Paul Richard Gallagher,
che ha sostituito il neocardinale Dominique Mamberti,
spedito come prefetto alla Segnatura apostolica, il
Supremo tribunale della Santa sede, al posto
dell’americano Raymond Leo Burke. Ma non ha scelto il
sottosegretario per i Rapporti con gli Stati, in carica dai
tempi di Benedetto XVI, monsignor Antoine Camilleri.
Non ha scelto nemmeno il sostituto, che dovrebbe essere il
suo primo collaboratore. Nel giugno del 2016, alla
scadenza del mandato di Becciu, Parolin sperava di poter
finalmente designare un suo uomo di fiducia (si faceva il
nome di monsignor Giambattista Diquattro, attuale
nunzio apostolico in India e Nepal), ma il papa, il primo
giugno 2016, aveva già inviato una lettera all’arcivescovo
sardo, scritta di proprio pugno, nella quale lo ringraziava
per il lavoro svolto, prorogandogli di altri cinque anni
l’incarico. Una tegola sulla testa di Parolin, e anche su
quella di Becciu, che sperava di spiccare il volo con un
nuovo incarico all’interno del Collegio cardinalizio. Quella
tra Becciu e Parolin è insomma una convivenza forzata,
con punzecchiature e frecciate a distanza. In mezzo, il
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