Page 200 - Peccato originale
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dell’Immacolata dopo lo scandalo sugli ammanchi emerso
nel 2011.
Altri uomini di Bertone rimasti saldamente al loro
posto sono il presidente del Governatorato, cardinale
Giuseppe Bertello, diplomatico di razza che fu chiamato
dal porporato salesiano a occupare la casella rimasta
vuota dopo il pensionamento del cardinale Giovanni
Lajolo e lo scandalo innescato dalle lettere di monsignor
Viganò. Nel 2013 Bertello sembrava essere sulla rampa di
lancio per sostituire Bertone in segreteria di Stato; alla
fine l’unica conquista per lui è stata quella di ottenere un
seggio all’interno del C9. Il porporato è critico verso
alcune scelte di Francesco, in particolare pare che non
abbia gradito la nomina di monsignor Dario Edoardo
Viganò alla segreteria per la Comunicazione, per
precedenti dissapori.
C’è a seguire il vescovo Giuseppe Sciacca. L’alto prelato
siciliano fu sponsorizzato dal cardinale Bertone, che gli
consegnò le chiavi della cassaforte del Governatorato dopo
la cacciata di Viganò, nominandolo segretario generale.
Poco prima delle dimissioni di Benedetto XVI, Bertone è
riuscito a far nominare Sciacca uditore generale della
Camera apostolica, l’organismo, formato dal camerlengo e
dal vicecamerlengo, che si riunisce per amministrare la
Chiesa dopo la morte del papa o nel caso di dimissioni.
Soltanto cinque mesi dopo l’arrivo di Francesco, Sciacca
viene spostato e per lui viene creato un nuovo incarico:
quello di segretario aggiunto del Supremo tribunale della
Segnatura apostolica. Ottiene inoltre l’incarico di
consultore della Congregazione per la dottrina della fede.
Un ruolo insomma «innocuo», se non fosse che, il primo
settembre 2016, Francesco lo promuove segretario del
Supremo tribunale, riconsegnandogli in mano un pezzo di
potere della curia romana.
C’è poi il cardinale milanese Francesco Coccopalmerio,
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