Page 168 - Peccato originale
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potevano essere fatte solamente se veniva stabilito un
regolamento che doveva essere emanato dopo aver sentito
la segreteria di Stato. Questo rallentava molto i lavori.
Dall’altra parte Moneyval non capiva perché non
partissero le nostre ispezioni. C’era una lacuna obiettiva:
[gli ispettori dell’Aif, nda] potevano agire, ma mancando i
regolamenti eravamo bloccati. Per sbloccare la situazione
dovetti insistere molto, preparai anche una bozza di
regolamento molto semplice, inviandola alla segreteria di
Stato. Loro, dopo un po’, mi mandarono come risposta
una cosa illeggibile, lunga dieci pagine. Volevano prendere
tempo? Era un regolamento caotico, confuso, non so da
dove lo avessero ricopiato. Il contenuto comunque era
inaccettabile, perché stabiliva che noi potevamo andare a
vedere le carte solo dopo che avevamo avvertito, con un
preavviso ampio di trenta giorni, l’ente sottoposto a
controllo. Insomma, una cosa per me, per noi, per gli
standard internazionali, inaccettabile.
Poi cosa accadde?
Arrivammo a luglio 2012 senza un regolamento
ispettivo, quindi senza la possibilità di fare le verifiche.
Andiamo però per gradi. Quelli di Moneyval si accorsero
che avevamo fatto un passo indietro così si cercò di
rimediare in sede di assemblea plenaria. Il rapporto di
Moneyval del 4 luglio 2012 non diede una valutazione
negativa, si erano resi conto che avevamo avuto poco
tempo a disposizione, credo anche che intervenne in
qualche modo la segreteria di Stato facendo pressioni [a
livello europeo, nda]. L’Italia non premette: durante
l’assemblea plenaria è previsto che chiunque possa
intervenire, fare domande, chiedere informazioni,
chiarimenti eccetera. L’Italia all’ultimo momento ritirò il
suo delegato perché evidentemente Vittorio Grilli, che
allora era direttore generale del Tesoro, fu interessato dal
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