Page 162 - Peccato originale
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al 2014. Per il primo anno e mezzo sono stato direttore
dell’Aif, ruolo che ho lasciato poi a René Brülhart, per
essere cooptato nel consiglio direttivo. All’epoca non c’era
niente, giusto questa legge e il consiglio direttivo di
quest’autorità. Bisognava costruire tutto. Non c’era alcun
tipo di controllo, allo Ior facevano quello che volevano,
[alcuni dirigenti, nda] agivano in nome dell’istituto
gestendo tutta una marea di sottoconti. Insomma, si
poteva fare qualsiasi cosa. [Questi dirigenti, nda]
pretendevano che Banca d’Italia si accontentasse del fatto
che loro facevano un trasferimento per conto
semplicemente dello Ior, mentre dalla banca centrale
chiedevano chi fossero i titolari e i beneficiari effettivi di
quei fondi.
In quegli anni il Vaticano fu segnato da uno scontro
importante…
Sì, abbiamo portato a termine una parte del lavoro, ma
per la seconda parte non ci è stato consentito. Gli scontri
sono avvenuti sulle norme da modificare e da applicare. Si
doveva andare avanti su una certa strada e mi resi conto
che non si era ancora pronti per affrontare questi
cambiamenti.
Com’era il clima in quel periodo nei suoi confronti e in
quelli del professor Condemi, del cardinale Nicora,
insomma di chi cercava di implementare le norme
antiriciclaggio?
Alcuni fatti possono essere assai esplicativi. Un giorno,
a fine settembre del 2010, al telefono, monsignor
Balestrero, sottosegretario per i Rapporti con gli Stati, mi
chiese di raggiungerlo a una riunione del consiglio della
segreteria di Stato in cui si doveva affrontare il problema
dell’indagine avviata sullo Ior: Cipriani e Tulli erano
indagati. Io pensavo che dovessimo dare una mano per
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