Page 156 - Peccato originale
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competenze di chi aveva responsabilità, scelse di non
intervenire in quel momento». Perché il pontefice non fu
consultato prima di procedere con la sfiducia di quel
banchiere che lui stesso aveva voluto al vertice
dell’istituto?
La dichiarazione dell’assistente personale del santo
padre lascia senza parole. Benedetto XVI, dunque, era
indebolito, se non addirittura esautorato di fatto dalle sue
funzioni. Certo, non spettava a lui nominare o rimuovere il
numero uno dello Ior, ma era evidente che una scelta così
importante non poteva essere presa senza un suo
coinvolgimento. Invece nessuno lo consulta. Nessuno lo
informa. 2
In quegli stessi giorni, un altro fatto suona come un
segnale sinistro, anticipatore delle clamorose dimissioni
dell’anno successivo. Alcuni interlocutori diretti di
Benedetto XVI, con incarichi e ruoli diversi, percepiscono
che Ratzinger sta progressivamente mostrando meno
interesse per le vicende in agenda. È dalla fine dell’estate
del 2011 che la sua partecipazione alla gestione delle
problematiche del piccolo Stato decresce in intensità,
riducendosi via via tra dicembre e gennaio del 2012. La
sorprendente rappresentazione di un papa inconsapevole
avanzata da Gänswein ben si concilia con queste
ricostruzioni e rimane dominante per anni, fino a un
apparente, clamoroso colpo di scena. È proprio Benedetto
XVI a confutarla, almeno indirettamente, nel dialogo con
il suo biografo Peter Seewald, pubblicato in un volume
uscito nel settembre del 2016. Ratzinger avverte la
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necessità di chiarire quei fatti, assumendosi la paternità
della decisione:
Per me lo Ior è stato fin dall’inizio un grosso punto di domanda e ho
tentato di riformarlo. Non sono operazioni che si portano a termine
rapidamente perché è necessario impratichirsi. È stato importante
aver allontanato la precedente dirigenza. Bisognava rinnovare i vertici
e mi è sembrato giusto, per molte ragioni, non mettere più un italiano
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