Page 147 - Peccato originale
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non abbiamo nulla da nascondere, e non nascondiamo
nulla».
Il 30 dicembre 2010 la determinazione del pontefice è
evidente a tutti: Benedetto XVI, con una lettera apostolica
in forma di motu proprio, istituisce l’Autorità
d’informazione finanziaria (Aif), un organo di controllo su
tutti i dicasteri e gli uffici della Santa sede e della curia
romana. Al tempo stesso promulga quattro leggi
antiriciclaggio per la Città del Vaticano, che entreranno in
vigore dal successivo primo aprile 2011. La normativa
introdotta è molto chiara: i conti correnti potranno essere
intestati solo a sacerdoti o enti religiosi, su ogni deposito
potrà esserci un’unica firma autorizzata, se arrivano
domande da enti stranieri, magistratura o autorità fiscali,
l’Aif disporrà le relative indagini. Negli uffici della
Gendarmeria, la caserma della polizia vaticana, gli operai
lavorano senza sosta. Alzano nuovi muri per realizzare
una cella pronta a ogni esigenza. Processo penale e
sanzioni, pene pecuniarie fino a 2 milioni di euro per chi
sbaglia. «Dobbiamo smetterla di mettere segreti – osserva
Benedetto XVI nell’appartamento pontificio, ricevendo
alcuni docenti universitari –, perché i segreti accendono
sospetti, la riservatezza è compresa e tutelata da tutti.» Il
pontefice è chiaro: la riservatezza è giusta prerogativa
dello Stato, invece i segreti sono inaccettabili.
Gli scontri però sono sempre in agguato. Uno,
significativo e rimasto finora inedito, riguarda la nomina a
presidente dell’Aif. Per averne pieno controllo, Bertone
intende mettere a capo un laico di sua assoluta fiducia. Se
passasse però questa linea, la curia riceverebbe un
pessimo segnale. Sarebbe più credibile un cardinale
d’esperienza, rispettato da tutti. Un laico si troverebbe
presto in minoranza, schiacciato e sottoposto alle
doglianze di qualche prelato. Tuttavia Bertone spinge in
questa direzione, e incontra l’opposizione di Gänswein. Il
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