Page 143 - Peccato originale
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questi schermi: direttore e vicedirettore. Un sistema che,
garantendo l’anonimato assoluto, richiama il peggior
denaro in circolazione nel mondo e si presta alle più
inquietanti operazioni di riciclaggio.
Per il circuito mondiale del credito la situazione è
ormai inaccettabile. Bisogna cambiare, e farlo in fretta. 14
A settembre 2009, Gotti Tedeschi rompe gli indugi e
accetta l’incarico. A fine ottobre prende possesso
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dell’ufficio. Le stanze, tra presidenza, segreteria e sala
d’attesa, hanno cambiato disposizione rispetto ai tempi di
Marcinkus, ma l’inquietante alone di mistero perdura. Per
questo, fin dalle prime mosse, il professore decide di
seguire il consiglio ricevuto da quell’amico autorevole e
bene informato: mai chiedere l’identità dei titolari dei
conti. Deve essersi convinto che non è nemmeno
indispensabile: Benedetto XVI in persona lo ha chiamato a
chiudere con quell’epoca oscura. È lui l’uomo che dovrà
costruire il futuro delle finanze vaticane. Si occuperà
anzitutto dei principi, forte del sostegno di Ratzinger, che
avrebbe dissolto le criticità, spianato ogni resistenza,
accelerando la missione di portare la banca a essere
esemplare, allineata con gli istituti di credito dei paesi
occidentali. Questo avrà pensato Gotti Tedeschi. Ma la
situazione è dannatamente più complicata. L’appoggio di
Ratzinger, certamente indispensabile, non è sufficiente.
Tutto è troppo compromesso. Il sistema è antico, ben
radicato e difficile da estirpare.
All’inizio nulla fa presagire gli scontri che si
scateneranno solo pochi mesi dopo. Le attività fuori
controllo dello Ior proseguono per tutto il 2010. La road
map per il cambiamento viene via via fissata, diventando
sempre più precisa e incalzante. A seguirla personalmente
è monsignor Gänswein, per conto di Benedetto XVI. Due
sono le priorità: varare una legge che regolamenti i rischi
sulla provenienza del denaro movimentato, con le relative
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