Page 117 - Peccato originale
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dopo        l’addio        di     Marcinkus,           si     sia      trasformato
                all’improvviso  in  una  banca  etica.  In  realtà  quel  sistema

                non  ortodosso  continua  a  prosperare.  Proprio  in  quegli
                anni, dal 1989 in poi, nella galassia di conti costituita da

                monsignor  Donato  de  Bonis  è  riciclata  gran  parte  della
                maxitangente  Enimont,  pagata  dalla  famiglia  Ferruzzi  ai
                partiti della Prima e della Seconda repubblica per separare

                i  destini  della  Montedison  da  quelli  dell’Eni,  sciogliendo
                così  l’Enimont,  il  sogno  di  Raul  Gardini  di  costruire  un

                unico polo chimico italiano. I Ferruzzi si affidarono a un
                uomo che in Italia ha sempre rappresentato il crocevia di
                trame,  affari  e  misteri,  ovvero  Luigi  Bisignani:  e  se

                quest’ultimo allo Ior aveva un amico, si trattava proprio di
                monsignor De Bonis.

                    I  guai  arrivano  con  Tangentopoli,  quando  il  pool  dei
                magistrati  di  Mani  pulite  accende  un  faro  sulla

                maxitangente indagando i mediatori che la trattarono, da
                Sergio  Cusani  a  Mauro  Giallombardo  e,  appunto,  Luigi

                Bisignani.  I  magistrati  seguono  i  flussi  di  denaro,  i  più
                consistenti  portano  direttamente  in  Vaticano.  Per  gli
                inquirenti  ben  due  terzi  dei  130  miliardi  della

                maxitangente,  ovvero  88,9  miliardi,  passarono  proprio
                dallo  Ior.  In  particolare,  alcune  somme  transitarono  sul

                conto  di  Andreotti,  creando  un  potenziale  vulnus  per
                l’uomo  che  in  quegli  anni  era  candidato  a  diventare

                presidente della Repubblica.
                    Dall’87 al ’92 De Bonis introduce in Vaticano cash per

                oltre 26 miliardi di vecchie lire (circa 26 milioni di euro di
                oggi)  e  li  deposita  tutti  sul  conto  Fondazione  Spellman.
                Negare  l’esistenza  del  deposito  numero  001  3  14774  C,

                aperto  proprio  nel  1987  presso  lo  Ior  e  intestato  a
                un’inesistente  «fondazione  Francis  Spellman»,  che  tra  le

                firme  autorizzate  vedeva  quella  del  sette  volte  premier
                Giulio Andreotti, è quindi una mossa contro la verità, un
                goffo  tentativo  di  smentire  una  vicenda  ormai




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