Page 75 - Io vi accuso
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Aldo e Rossana quel giorno scoprono che non solo a loro non era mai stata

          inviata  quella  raccomandata  ma  neanche  alla  Crif  era  mai  giunta  alcuna
          segnalazione di successiva sistemazione della morosità.
              «È evidente che c’era qualcosa di poco trasparente su tutta la situazione

          del  mutuo,  nonostante  il  direttore  generale  continuasse  a  tranquillizzarci
          che  tutto  si  sarebbe  risolto.»  Nel  gennaio  del  2014,  terminato  il  periodo
          della sospensione moratoria, la coppia riprende a pagare la rata regolare di
          1324 euro al mese. A quel punto Rossana si reca dal direttore generale per
          chiedere  chiarimenti  sulla  famosa  delibera  (ma  anche  sulla  situazione

          finanziaria dell’istituto visto che su tutti i giornali era uscita la notizia di un
          immediato commissariamento) e invece di ricevere delucidazioni le viene
          imposto  di  pagare  in  un’unica  soluzione  tutte  le  rate  arretrate,  per  un

          ammontare di circa 23.000 euro, per poter regolare la posizione. «Si tratta
          della  quota  capitale  già  sospesa  con  il  provvedimento  di  moratoria  di  cui
          nessuno,  né  sull’importo  né  sulla  modalità  di  rimborso,  ci  aveva  mai
          informati.»
              Per  quale  motivo?  La  donna  rimane  sbalordita.  Ma  la  sorpresa  non

          finisce qui. Presso quella stessa banca ha un affidamento anche una società
          che gestisce un laboratorio di analisi cliniche polispecialistico, composta da
          professionisti senza alcun legame con i coniugi irpini ma che «sconta» il

          fatto  di  avere  come  amministratore  proprio  Aldo.  Ebbene,  tanto  per
          infierire,  il  direttore  generale  senza  alcun  diritto  dice  a  Rossana:  «Noi
          rinnoviamo il fido al laboratorio dove lavora suo marito solo se voi versate
          10.000  euro  e  firmate  la  rinegoziazione  del  mutuo  alle  nostre  nuove
          condizioni».  Oltre  a  essere  un  atteggiamento  che  sfiora  la  follia  (ma  i

          manager bancari spesso hanno deliri di onnipotenza), qui si configurano i
          reati  di  estorsione  e  di  violenza  privata.  Rossana,  disgustata,  esce
          dall’ufficio  sbattendo  la  porta.  L’uomo,  non  contento,  appena  qualche

          giorno  dopo  decide  di  contattare,  direttamente  in  laboratorio,  un
          dipendente di quella società. Donato, questo il nome del dottore analista,
          che nel successivo processo a carico della banca si è offerto di testimoniare,
          riporta queste testuali parole: «Il direttore generale mi ha riferito che non
          avrebbero  rinnovato  il  fido  al  laboratorio  a  meno  che  il  “vostro

          amministratore  non  verserà  immediatamente  10.000  euro  per  la  sua
          posizione di mutuo”». E qui si configura il reato di violazione della privacy.
          Ma andiamo avanti. All’interno del consiglio di amministrazione, a seguito

          di quella comunicazione telefonica, si crea una certa agitazione che spinge i
          soci della coppia a chiedere ad Aldo «di lasciare formalmente la società al
          fine di evitare problemi di riflesso al laboratorio» precisa la coppia irpina. E
          qui si configurano i danni morali e materiali, visto che i due si ritroveranno
          all’improvviso  senza  reddito.  L’indecisione  e  l’assenza  di  una  precisa
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