Page 71 - Io vi accuso
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accantonamenti.
Sul primo punto (garantire le imprese più deboli) i risultati sono
evidenti: per i Confidi la crescita delle sofferenze – e quindi del volume di
garanzie escusse dalle banche – negli ultimi tre anni è quasi il doppio di
quella degli istituti. E queste perdite riducono sensibilmente il patrimonio
dei consorzi, molti dei quali hanno dovuto addirittura chiudere per
mancanza di capitale sociale. Ma è il secondo aspetto (la garanzia dei
Confidi costa ancora tanto in termini di accantonamenti) quello più
inquietante.
Per consentire alle banche di accantonare meno «patrimonio di
vigilanza» è intervenuto persino, vista la forte pressione della lobby
bancaria, il ministero dello Sviluppo economico che oggi fornisce agli
istituti una garanzia pubblica diretta, anche fino al 90 per cento del
finanziamento, tramite il Fondo centrale di garanzia: un sistema che sta
esercitando una concorrenza sleale nei confronti dei Confidi mettendo in
discussione la loro futura esistenza e i relativi livelli occupazionali. Alle
banche conviene, perché avere una garanzia pubblica non comporta
accantonamenti. Mero opportunismo ma anche cronico moral hazard: il
rischio elevato deve essere scaricato sugli altri, in questo caso lo Stato. Oggi
la musica è cambiata, quando un imprenditore entra in un istituto per
chiedere un finanziamento o un aumento degli affidamenti in essere si
sente subito dire: «Lo facciamo con la garanzia del Fondo centrale». E se
qualcuno osserva giustamente che ci vogliono circa tre mesi per
l’erogazione del denaro il bravo funzionario risponde che in questo modo
«si risparmia in termini di tasso». In realtà la convenienza maggiore è
proprio per la banca, alla faccia dei cinquant’anni di storia dei Confidi.