Page 68 - Io vi accuso
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Io vi accuso di associazione a delinquere



          Basilea  I,  Basilea  II,  Basilea  III:  anche  il  più  sprovveduto  imprenditore
          associa  questa  località  al  temibile credit  crunch.  Eppure  se  una  banca

          chiude i rubinetti del credito non è tutta colpa dei dettami svizzeri. Questo
          è solo un alibi e vi spiego perché.
              Nella città elvetica ha sede la Banca dei regolamenti internazionali (Bri),
          organismo che promuove la cooperazione tra le banche centrali – tra cui la

          Bce  –  le  quali  sono  anche  azioniste  della  stessa  Bri.  In  tale  contesto,
          inevitabilmente pervaso da conflitti di interessi, nel 1988 è stato istituito
          un comitato per stabilire un «accordo sul capitale delle banche». Tra i vari
          obiettivi c’è anche quello di «definire i criteri di misurazione dei rischi da

          parte  dei  singoli  istituti»,  che  si  basano  su  due  indici  fondamentali:  la
          probabilità  di  default  (Pd)  dell’impresa  a  cui  si  presta  denaro  e  la Loss
          given default (Lgd), ovvero la misura di quanto potrebbe perdere la banca
          sulla  somma  erogata,  in  un  certo  lasso  di  tempo,  se  l’azienda  dovesse

          andare in default.
              Per  far  fronte  alle  probabili  perdite,  l’istituto  ha  l’obbligo  di  effettuare
          degli  accantonamenti  nel  proprio  bilancio,  che  rappresentano  un  costo  e
          determinano quindi una diminuzione degli utili per gli azionisti. Pertanto

          dal  2007  tutte  le  banche  devono  sottoporre  obbligatoriamente  le  aziende
          affidate a un «esame» da cui emerge il famigerato rating, praticamente un
          voto stabilito su una scala di dodici: da 6 a 12 l’impresa è bocciata; da 1 a 5 è
          promossa  e  la  banca  può  prestare  i  soldi.  Fin  qui  tutto  sembrerebbe

          normale  ma  c’è  un  problema:  benché  per  i  grandi  istituti  il  sistema  del
          rating esista fin dal 1998 (nel 2007 è stato reso obbligatorio per tutti gli
          altri), negli anni delle vacche grasse il denaro veniva elargito anche a chi
          aveva  punteggi  allarmanti.  Questo  perché  la  lobby  bancaria  non  pensava

          che la crisi avrebbe colpito così pesantemente.
              Allorché  la  congiuntura  è  diventata  negativa  anche  per  le  banche,  il
          sistema  del rating  è  diventato  un  alibi  perfetto:  uno  strumento  che,
          contrariamente  a  quanto  stabilito  nell’accordo  di  Basilea  e  a  quanto

          applicato  negli  anni  del  boom  economico,  non  va  più  a  integrare  ma
          sostituisce  completamente  le  relazioni  con  la  clientela.  Relazioni  che,  al
          contrario, si legge nella circolare di un grande istituto, rappresenterebbero
          «il punto di riferimento attorno al quale debbano ruotare tradizionalmente

          i  rapporti  banca-impresa».  Oggi  il  sistema  di rating  non  fornisce  più  un
          contributo  alla  trasparenza  perché  non  viene  più  preso  in  considerazione
          l’elemento soggettivo della valutazione: le banche si sono consapevolmente
          deresponsabilizzate di fronte alla decisione di buttare nel panico i clienti a

          cui richiedono il rientro del credito. Lo fanno ormai senza una spiegazione
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