Page 78 - Io vi accuso
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(bilanci, visura catastale, informazioni settoriali) né alcuna richiesta scritta

          di  fido  da  parte  della  signora  Francesca,  che  in  quei  giorni  si  trovava  in
          Germania  per  organizzare,  appunto,  la  prima  convention  per  noi.  Per
          operazioni simili vi è un iter d’istruttoria rigido e prescritto che mai prima

          d’ora  avevo  violato:  pur  incorrendo  in  un  esercizio  non  corretto  della
          funzione creditizia (il rating era ovviamente negativo), decido di attivare lo
          stesso la procedura. Prima di dare l’ok definitivo, però, come prassi, chiamo
          il  direttore  crediti  per  comunicargli  la  situazione  ma  lui  si  oppone,  mi
          intima di non procedere e di non autorizzare quel tipo di prestito perché la

          Bufra,  secondo  una  sua  verifica  istantanea,  «è  un’azienda  troppo  poco
          capitalizzata  e  il  giro  d’affari  che  ha  non  consente  quell’affidamento.
          Sarebbe  meglio,  se  proprio  dobbiamo,  concedere  un  finanziamento  per

          ricapitalizzazione».
              La discussione si protrae a lungo, spiego al collega chi sia la signora ma
          lui non ha intenzione di retrocedere di un passo a meno che «non riceva
          una richiesta scritta da parte del direttore generale della banca».
              È  ormai  notte.  Guardo  il  telefono  sulla  mia  scrivania  per  oltre  venti

          minuti  e  poi  mi  decido  a  chiamare.  Contatto  il  «numero  uno»,  il  grande
          capo, al quale sottopongo la questione. La sua risposta è eloquente: «Che
          cazzo  stai  dicendo?».  Io,  quasi  balbettando,  spiego  meglio  l’accaduto.  Mi

          dice  di  stare  tranquillo  che  ci  avrebbe  pensato  lui.  Neanche  il  tempo  di
          attaccare e mi telefona il direttore crediti: «Tutto ok, possiamo procedere»
          con una voce da oltretomba. Posso immaginare cosa sia avvenuto in quei
          due minuti…
              In  poche  ore  vengono  concessi  200.000  euro  sulla  fiducia.  Ma  a  cosa

          servono  quei  soldi?  E  soprattutto,  è  sicuro  che  siano  stati  erogati  sulla
          fiducia? Facciamo un passo indietro. La donna aveva chiuso l’accordo con i
          tedeschi qualche mese prima e, come da contratto, doveva avere da noi i

          soldi da anticipare ai fornitori di Berlino. Senza dare troppe spiegazioni, i
          miei superiori prima rimandano il pagamento poi, a due giorni dall’evento,
          le comunicano che non è possibile autorizzare il versamento fino a evento
          concluso. Lei a quel punto è costretta a cacciare i soldi di tasca propria e
          minaccia – a meno di un rimborso immediato – «di mandare a monte tutta

          la  convention»  per  la  quale  sono  attese  duemilacinquecento  persone  da
          tutta  Europa.  La  situazione  si  fa  tesa  ed  è  a  quel  punto  che  ricevo  la
          telefonata  per  metterle  a  disposizione  i  200.000  euro  di  fido.  Mi

          impongono di spiegarle che il prestito è momentaneo e che a chiusura del
          meeting riceverà tutto il dovuto e non pagherà  un  centesimo  di  interessi
          sul fido, qualora lo utilizzasse.
              A quel punto, fidandosi delle rassicurazioni della banca, si parte per la
          Germania.  Giunti nel mega albergo, dalla reception iniziano a chiamare i
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