Page 79 - Io vi accuso
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cognomi per assegnare le camere. Appena arriva il mio turno e mi presento
al desk, mi si avvicina quella che sembra una modella: «Dottor Imperatore,
sono la sua hostess» mi dice. Le rispondo che forse si sta sbagliando. Lei
sorride: «No, non mi sono sbagliata, ho ricevuto l’incarico di occuparmi di
lei durante tutto il soggiorno a Berlino», replica con grandissimo scorno dei
miei parigrado. Cos’era successo? Semplice: durante ogni tipo di
convention i top manager hanno a disposizione ventiquattr’ore su
ventiquattro una hostess che si fa carico di ogni cosa. Io però non sono uno
dei «boss» e la cosa, oltre che imbarazzarmi, mi insospettisce. Indago e
vengo a sapere che non è stata la banca ad affiancarmi la ragazza ma è stata
un’iniziativa personale di Francesca, che mi ha scambiato per uno potente
visto che grazie al sottoscritto i 200.000 euro erano stati sbloccati in così
poco tempo. In realtà la donna non sa cosa abbia dovuto patire per avere
l’approvazione. Fatto sta che mi ritrovo con questa ragazza che, una volta
arrivato in camera, mi dice di essere a disposizione «per qualsiasi cosa...».
«Qualsiasi?» chiedo io incredulo. «Qualsiasi...» conferma lei.
Questo per far capire cosa ci sia dietro a una convention e dove finiscano
montagne e montagne di soldi dei correntisti. Hostess a parte, il meeting si
fa ed è un successo. A una settimana dal rientro, Francesca comincia a
passare in banca tutti i giorni per chiedere quando sarebbe stato possibile
rientrare dei soldi anticipati ai fornitori ed estinguere il fido. Di denaro non
se ne parla ma poiché la nostra banca per lei rappresenta il committente
più importante, non fa un fiato. Francesca, a quel punto, fidandosi ancora
delle nostre rassicurazioni e non avendo altra liquidità, inizia a utilizzare i
soldi del fido. Non solo, pensando di essere una «privilegiata», sempre per
via dell’incarico conferitole per gli eventi, sottoscrive sotto nostro
suggerimento delle polizze assicurative e qualche derivato. Morale della
favola: Francesca incasserà quei 200.000 euro solo un anno più tardi ma
nel frattempo sarà costretta (sempre perché tenuta sotto scacco
dall’accordo commerciale di dieci anni) a saldare a sue spese le fatture dei
fornitori tedeschi per un totale di «2 milioni e 356.000 euro». Fatture di
cui ho ancora copia e che rappresentano il costo totale della convention.
La donna, sempre rassicurata da me e altri colleghi, è costretta a
chiedere allora ulteriori fidi alla nostra banca che continua ad applicare gli
interessi. Dopo tre anni salta l’accordo tra noi e l’azienda: alcuni giochi di
potere, nuovi equilibri e la rotazione dei consiglieri di amministrazione
fanno cadere la scelta su un’altra impresa che organizza eventi. A conti
fatti, tra quello che ha pagato per i prodotti finanziari e i tassi alle stelle,
Francesca riprende a malapena la metà del denaro anticipato. Dalle
informazioni in mio possesso, oggi la Bufra ha dichiarato default.