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Il ricambio generazionale e il patto di famiglia
Un recente studio di Confindustria riporta che su ottantamila imprenditori
che ogni anno in Italia affrontano la successione generazionale «appena un
quarto supera il primo passaggio, il 14 per cento non supera il secondo
mentre al terzo rimane in piedi solo il 5 per cento delle imprese». E il 63
per cento delle aziende che superano il passaggio generazionale «non va
oltre il quinto anno». In sostanza circa trentamila aziende lasciano il
mercato per motivi che «non sono legati alla crisi o alle contingenze ma a
due pilastri della parte umana del capitalismo. La capacità intrinseca di fare
business e di governare l’azienda».
Insomma, non è sempre detto che l’azienda di famiglia, soprattutto se
piccola, sia in grado di creare valore. La maggior parte di quelle trentamila
inserite nello studio di Confindustria «cessano l’attività per cause non
legate a ragioni legali e neanche fiscali ma per cattiva gestione delle
informazioni e delle comunicazioni all’interno del nucleo, per il mancato
rispetto dei ruoli di amministratore, azionista e manager, per una scarsa
regolamentazione dell’ingresso e del trattamento dei famigliari in azienda».
Senza contare che il 68 per cento degli imprenditori manifesta l’intenzione
di affidare in blocco l’azienda a un parente. In genere stretto.
Indipendentemente dalle capacità. Il tema del passaggio generazionale è
molto sentito nel nostro paese ma viene affrontato come quelle malattie
tanto temute che per fasulla scaramanzia non si vogliono curare. Il
rapporto nucleo famigliare-impresa-management è un equilibrio
complesso tra business e sentimento che il piccolo imprenditore «capo-
famiglia» preferisce emotivamente non affrontare. L’unico rimedio si
chiama prevenzione: capacità di preparare, anche attraverso un programma
di coaching e tutoring, l’avvicendamento nella gestione.
Inoltre, questo tipo di impresa dovrebbe passare il più possibile da una
condizione di gestione da «padre-padrone», autonoma e poco incline al
confronto, a una situazione ove sia presente un team di governance.
Bisogna iniziare a separare i ruoli di azionista da quelli di consigliere e di
manager. Spesso, nei casi di piccole società più evolute, i consigli di
amministrazione includono amici di famiglia, il che genera un fenomeno di
complacency ovvero di conferma dei giudizi e spesso dei pregiudizi.
L’esatto opposto di quanto riesce ad apportare un consigliere indipendente
che ha meno vincoli per valutare un nuovo management, le dinamiche
relazionali tra tutti gli attori in campo, analizzare i flussi di informazioni e
creare un sistema di controllo in grado di resistere ai cambi generazionali.
Ovviamente situazioni così delicate come la cessione di un’azienda da un
padre ai figli non è una passeggiata e non ha mai un esito certo perché a