Page 103 - Io vi accuso
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sorta di gola profonda, di due istituti bancari italiani. All’interno di questi,

          Enrico  ha  segnalato  illeciti  e  reati  penali  riconosciuti  poi  come  tali  dalla
          magistratura attraverso condanne già passate in giudicato e patteggiamenti.
          Nel primo caso, il giovane bancario, come ricorda anche Elio Lannutti nel

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          suo  ultimo  libro La  banda  d’Italia,   ha  scoperto  una  «falla  informatica»
          che  consentiva  alla  banca  di  avere  una  giacenza  contabile  di  denaro  in
          valuta  estera  diversa  da  quella  che  poi  era  in  effetti  la  giacenza  fisica
          presente nel caveau delle filiali.
              Le risultanze degli inquirenti hanno rivelato che questi soldi venivano

          nascosti in cassette di sicurezza prive di contratto per poi essere trasferiti
          illecitamente  in  Svizzera  attraverso  degli  spalloni  e  depositati  su  conti
          cifrati. Enrico, quando scopre il fatto, invia immediatamente una relazione

          all’attenzione  dei  suoi  superiori  e  le  conseguenze  del  suo  gesto  non  si
          fanno  attendere:  prima  subisce  un  immotivato  tentativo  di  trasferimento
          verso un’altra filiale, a cui riesce apparentemente a sottrarsi, e in seguito
          viene licenziato. Ma il gesto di Ceci non è stato vano: nel marzo 2013 Banca
          d’Italia  ha  riconosciuto  quanto  denunciato  dal  ragazzo  e  ha  sanzionato  i

          vertici     dell’istituto       per     360.000        euro      a    fronte       di    «carenze
          nell’organizzazione,              nella governance            e     nei     controlli       interni
          antiriciclaggio». Poi, il 24 gennaio 2014, il gruppo bancario ha patteggiato

          una sanzione di 1 milione e 200.000 euro presso il Tribunale di Roma.
              Con  riferimento  alla  seconda  banca,  a  fronte  delle  circostanziate
          denunce presentate da Ceci, la magistratura ha condannato in via definitiva
          un  suo  ex  collega  per  i  seguenti  gravi  reati:  «Usura,  tentata  estorsione,
          ricettazione e introduzione nello Stato di prodotti con segni falsi» ovvero,

          in riferimento a questo ultimo reato, l’uomo «vendeva Rolex falsi ed altri
          oggetti  “taroccati”  ai  suoi  compagni  di  lavoro  e  ai  clienti»  ricostruisce
          Enrico.

              Ventisette procedimenti penali in sei diverse procure, quindici processi
          di  lavoro  in  tre  differenti  tribunali  e  altri  sette  in  Cassazione  più  una
          richiesta risarcitoria per 250.000: questo è il prezzo che sta pagando Ceci
          semplicemente per essere stato onesto e avere compiuto il suo dovere di
          cittadino rispettoso delle leggi vigenti in questo paese.
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