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Un nuovo strumento di tutela



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          Sul report di Transparency International Italia  dell’ottobre 2012 Ceci viene
          portato  ad  esempio  come  unico  caso  di whistleblower  nel  settore  privato

          del  nostro  paese,  tant’è  che  il  30  ottobre  2013  il  Movimento  5  Stelle  lo
          invita  come  testimonial  all’atto  di  presentazione  della  proposta  di  legge
          sull’introduzione  del whistleblowing.  «Denunciare  un  illecito  nell’ambito
          del  proprio  luogo  di  lavoro  dovrebbe  costituire  un  dovere  civico  per  ogni

          cittadino, prima ancora che un diritto. Si tratta di una pratica molto diffusa
          all’estero, soprattutto nei paesi anglosassoni e scandinavi, ma che in Italia
          trova forti opposizioni» mi racconta Enrico in uno dei nostri incontri.
              I l whistleblowing  è,  infatti,  uno  strumento  di  particolare  rilevanza

          nell’ambito di un’effettiva ed efficace lotta alla corruzione. Da noi il ritardo
          del  legislatore  è  evidente:  «Basti  pensare  che  le  commissioni  Lavoro  e
          Giustizia della Camera dei deputati hanno iniziato l’esame della proposta di
          legge  del  M5S  solo  il  19  maggio  2015».  Fortunatamente  qualcosa  si

          comincia  a  muovere  anche  su  altri  fronti  istituzionali.  Il  28  aprile  di
          quest’anno  l’Autorità  nazionale  anti-corruzione  (Anac)  presieduta  da
          Raffaele  Cantone  ha  adottato  le  «linee  guida  in  materia  di  tutela  del
          dipendente  pubblico  che  segnala  illeciti  (il  cosiddetto whistleblower)»,

          pubblicate in «Gazzetta Ufficiale» il 14 maggio 2015. «Chi denuncia non è
          un  delatore.  Non  è  una  spia  e  nemmeno  una  talpa»  prosegue  Ceci.  «È
          semplicemente un cittadino a cui sta a cuore la comunità in cui vive e il suo
          paese.  Tutto qua.  Io non ho alcuna intenzione di consegnare ai miei figli

          un’Italia in cui a farla da padrone sono la mafia, l’ingiustizia, gli scandali, il
          riciclaggio,  l’evasione  fiscale  e  il  non  rispetto  dei  diritti  dei  lavoratori.  È
          proprio per questo che, nonostante le tante ritorsioni  che  ho  subito,  non
          rimpiango  assolutamente  di  avere  denunciato.  Anzi,  mi  rivolgo  a  tutti  i

          bancari,  fate  altrettanto.»  Il  paradosso  che  riguarda  il  rapporto  tra  la
          giustizia  e  il  mondo  del  credito  italiano,  aggiunge  Enrico,  è  che  «quando
          una  banca  viene  denunciata  da  un whistleblower  chi  è  veramente  sotto
          processo è chi segnala il fatto. Non è uno scherzo: questo è quanto accade

          attualmente nelle aule dei tribunali nostrani. I magistrati non sono ancora
          in possesso degli strumenti di conoscenza necessari per operare al meglio
          in  questo  ambito.  Lo  stesso  Cantone  recentemente  ha  rimarcato  che  il
          “segnalatore”  viene  spesso  visto  in  un’accezione  negativa,  è  paragonato  a

          un  delatore.  Questo  significa  che  bisogna  promuovere  un  cambio  nei
          costumi in modo che scoprire reati e illeciti possa avere un valore positivo
          anche qui in Italia».
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