Page 22 - Avarizia
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l’Ambroveneto, la Bna, il San Paolo di Brescia, esponenti della
finanza bianca come Giovanni Auletta e Giovanni Bazoli, passando
per presidenti di società di calcio come Luigi Corioni (Brescia) ed
Ernesto Pellegrini (ex patron dell’Inter), e imprenditori come
Alberto Falck, Emilio Riva, Franco Panini, Giampiero Pesenti e
Giuseppe Garofano, ex numero uno di Montedison. Tutti si iscrissero
al “Centesimus Annus” versando una fiche da 50 milioni di lire a
testa. In tutto, tra persone fisiche e aziende, i soci fondatori sono 70,
per un capitale versato che superò subito i 3,5 miliardi di lire.
Per la cronaca, la fondazione esiste e lotta insieme a noi ancora
oggi: organizza convegni e corsi di studio, finanzia il premio
internazionale “Economia e Società” (il vincitore prende 30 mila
euro), ma soprattutto sembra accrescere di continuo le sue entrate:
tra conti e titoli vale attualmente 5,2 milioni. Gestiti dal cda in cui
sono passati personaggi come il conte Lorenzo Rossi di Montelera
(oggi semplice membro ma già presidente), Grazia Bottiglieri Rizzo,
leader dell’omonima società di navigazione, la principessa Camilla
Borghese Khevenhüller, l’ingegnere Federico Falck, il principe Alois
Konstantin zu Löwenstein e il maltese Joseph Zahra, oggi tra gli
uomini più influenti del Vaticano.
Qualche mese dopo il battesimo del “Centesimus Annus”, però, la
parabola di Castillo Lara cominciò la sua discesa, zavorrato dallo
scandalo Tangentopoli e dalla maxitangente Enimont pagata dai
Ferruzzi, lavata in Vaticano dal lobbista Luigi Bisignani e poi
smazzettata tra i partiti. Anche i Ferruzzi erano infatti stati accolti
nella neonata fondazione, e nello Ior Lara era presidente della
Commissione cardinalizia, cioè l’organismo che avrebbe dovuto
vigilare su possibili operazioni di riciclaggio. “I Ferruzzi mi hanno
raggirato,” si difenderà sempre Castillo, che tre anni più tardi
lascerà il suo incarico e le chiavi della cassaforte. Passate prima a
Lorenzo Antonetti, poi ad Agostino Cacciavillan, infine al cardinale
Attilio Nicora e da ultimo a Domenico Calcagno: il cardinale
bertoniano è stato promosso presidente da papa Ratzinger, ma è
stato confermato anche da Francesco.
Torniamo al presente, e al bilancio dell’Apsa. La Cosea, sulla
gestione made in Calcagno, ci va giù pesante. “A oggi, rispetto a
rischio e rendimenti degli investimenti dell’Apsa, sappiamo
pochissimo. Questo è dovuto al fatto che non ci sono linee guida