Page 27 - Avarizia
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Zero carità


             I denari in Vaticano si trovano dappertutto. E, quando ce ne sono
          tanti, è facile che non manchino nemmeno gli sprechi. Un cruccio,

          per Francesco, che vorrebbe limitarli il più possibile, bloccando
          rigagnoli infruttuosi per deviarli su attività evangeliche, come la
          carità e l’aiuto ai bisognosi. Partiamo dalla Cappella musicale

          pontificia, definita “un coro polifonico con sede nella Città del
          Vaticano preposto all’accompagnamento musicale delle liturgie
          presiedute dal papa e diretto da monsignor Massimo Palombella”,
          che spendeva ai tempi di Ratzinger fino a 1,6 milioni di euro l’anno
          (dato dell’ultimo bilancio). Il coro personale del pontefice si chiama

          “Sistina”, e spende gran parte dei soldi per viaggi all’estero per
          “progetti ecumenico-musicali”: nel 2015 i coristi hanno innalzato
          potenti “Alleluja” anche a Oxford cantando insieme ai colleghi

          anglicani, facendo anche un passaggio a Londra e in Cina, dove si
          sono esibiti in una tournée a Macao, Hong Kong e Taipei.
             Se la società che stampa “L’Osservatore Romano” brucia quasi 5
          milioni l’anno, Radio Vaticana ne perde circa 26, “con deficit in
          aumento e nessun intento risolutivo per aumentare i ricavi,” attacca

          un altro report della prefettura degli Affari economici del 2013.
          Mentre per “la vigilanza, la sicurezza e la protezione del papa
          all’interno del palazzo apostolico e durante i suoi viaggi” il Vaticano

          solo nel 2011 ha speso 5,8 milioni di euro: è il costo tra stipendio,
          vitto e alloggio della Guardia svizzera, il corpo che presiede armato
          di alabarda alle cerimonie nella basilica di San Pietro e nell’aula
          Paolo VI. Anche l’inaccessibile archivio segreto vaticano ha solo
          uscite (5,8 milioni l’anno) e zero ricavi. Al contrario della biblioteca

          apostolica: grazie a una collezione di 180 mila volumi manoscritti o
          d’archivio, 1,6 milioni di libri stampati, più di 8600 incunaboli aperta
          al pubblico riesce a fare utili netti tutti gli anni, a cui somma un

          patrimonio in banca di circa 4,3 milioni di euro.
             Ma una delle voci più interessanti analizzate dai revisori di Kpmg
          è quella relativa all’Obolo di San Pietro. Il Vaticano lo definisce,
          letteralmente, un “aiuto economico che i fedeli offrono al Santo
          Padre, come segno di adesione alla sollecitudine del successore di

          Pietro per le molteplici necessità della Chiesa universale e per le
          opere di carità in favore dei più bisognosi”. Di fatto si tratta di una
          colletta le cui origini sono collocate alla fine dell’VIII secolo, e
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