Page 28 - Avarizia
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istituzionalizzata da papa Pio IX con l’enciclica Saepe Venerabiles

          del 5 agosto 1871 come gesto di carità dei cattolici di tutto il mondo
          verso il pontefice. Le offerte economiche vengono raccolte
          tradizionalmente il 29 giugno di ogni anno, e nel 2013 – grazie

          all’effetto Francesco, papa amatissimo e popolare – sono stati
          raccolti in tutto il pianeta 78 milioni, in crescita rispetto ai 66
          dell’anno precedente (ma ancora lontani dai tempi d’oro pre-crisi
          finanziaria dove venivano superati gli 80 milioni di euro).
             Come vengono spesi questi soldi? Benedetto XVI definì l’Obolo un

          aiuto animato dall’amore che viene da Dio: “Dunque è molto
          importante che l’attività caritativa della Chiesa mantenga tutto il
          suo splendore e non si dissolva nella comune organizzazione

          assistenziale,” disse. Carità per i malati, denaro dato agli umili e ai
          mendicanti, soldi per l’evangelizzazione: a queste cause sono
          destinati i frutti della colletta. Anche Giovanni Paolo II il 28 febbraio
          del 2003 aveva spiegato che l’Obolo di San Pietro serve innanzitutto
          “a rispondere alle richieste di aiuto che giungono da popolazioni,

          individui e famiglie che versano in condizioni precarie. Tanti
          attendono dalla Santa Sede un sostegno che spesso non riescono a
          trovare altrove”. Il Vaticano è ancora più esplicito: grazie all’Obolo il

          papa, come pastore di tutta la Chiesa, “si preoccupa anche delle
          necessità materiali di diocesi povere, istituti religiosi e fedeli in gravi
          difficoltà, come poveri, bambini, anziani, emarginati, vittime di
          guerre e disastri naturali; aiuti particolari a vescovi o diocesi in
          necessità, educazione cattolica, aiuto a profughi e migranti”.

             I documenti della Cosea, però, rivelano che solo una parte delle
          offerte mandate al papa viene spesa davvero. La carità dei fedeli
          (esiste anche un conto Iban dedicato) è andata a gonfiare un fondo

          che non compare nel bilancio della Santa Sede, e che nel 2013 ha
          toccato i 378 milioni di euro. “Tutte le entità menzionate nella
          Pastor Bonus sono incluse nel perimetro di consolidamento,”
          riassumono i commissari della dissolta commissione pontificia
          commentando le analisi di Kpmg, “ma non tutti i fondi esistenti in

          queste entità, prevalentemente denaro liquido e titoli, sono riportati
          nel bilancio di esercizio. Tra gli attivi non consolidati i fondi esclusi
          dal bilancio consolidato ammontano a non meno di 471 milioni di

          euro; di questi, 378 corrispondono all’Obolo di San Pietro. Questi
          fondi sono depositati su conti bancari presso lo Ior, l’Apsa e altre
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