Page 144 - Avarizia
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anche 100 mila euro cash al giorno, ma la stessa congregazione, di

          cui sarebbe dovuto essere invece mentore e guida spirituale. Una
          depredazione organizzata, oltre che sul libero uso della cassa
          dell’ufficio economato (secondo le analisi della Guardia di finanza il

          prete si è impossessato – dal 2006 al 2012 – di oltre 2,1 milioni di
          euro in contanti, il suo complice Domenico Temperini ne ha presi
          350 mila), su un sistema di false fatturazioni organizzato intorno a
          professionisti e società terze che facevano da schermo, spesso
          riconducibili a Decaminada, all’imprenditore Temperini e ad altri

          fedelissimi della coppia. Aziende che avrebbero prima drenato
          decine di milioni dell’ente religioso in virtù di prestazioni mai rese,
          che poi rigiravano in parte a Decaminada e allo stesso Temperini. A

          volte persino attraverso triangolazioni con l’estero: oltre alla
          “Provincia Italiana” della Congregazione una società gestita da
          Temperini, l’Elea spa, ha ricevuto vagoni di denaro, oltre 3 milioni di
          euro solo nel 2009, anche dalla Provincia Indiana e da quella Latino
          Americana, anche queste controllate dai “concezionisti”. Così, nei

          lustri, piccole aziende di amici degli amici avrebbero fornito all’Idi
          “attività di analisi tecniche finanziarie” mai effettuate, “prestazioni
          di servizi resi tramite attività di mediazione creditizia” totalmente

          inesistenti, fantasmagoriche “competenze per ricerche di mercato”.
          A spulciare i bonifici bancari, si scopre che 2,9 milioni di euro sono
          stati incassati dalla Gi.Esse Info Service srl per una “progettazione
          modalità web e ricerca logistica” che, secondo gli inquirenti, non
          sarebbe mai avvenuta. Tangibili e concreti, invece, erano i soldi che

          alcune società della banda hanno girato sui conti della ex moglie di
          Temperini, Emanuela Gismondi, e dello stesso Decaminada. Alla fine
          della fiera, il gruppetto si sarebbe intascato dalla cassa dei “fratelli”

          14 milioni tondi tondi.
             “Non so nulla di quanto accadesse, tutto è avvenuto a mia
          insaputa,” ha urlato don Franco ai pubblici ministeri sostenendo la
          propria innocenza. Il casale superlusso in Maremma costato due
          milioni di euro in contanti? “È stato un investimento preso insieme

          al cardinale Pio Laghi. Volevamo prenderlo per poter fornire un
          luogo di riposo e meditazione ai confratelli.” Nessuno gli ha creduto,
          e Decaminada e i suoi complici mentre questo libro va in stampa

          vanno incontro al loro processo.
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