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Ospedale o bancomat?


             Fratel Franco Decaminada l’8 dicembre di ogni anno va in chiesa
          per rinnovare i voti fatti alla Madonna. È la legge della

          congregazione a cui appartiene, quella dei Figli dell’immacolata
          concezione: bisogna promettere castità, obbedienza, povertà. Da
          sempre Decaminada per i suoi fratelli è un padre spirituale, una

          guida sicura che indica la retta via. Non solo per lo spirito, ma anche
          nell’intricata giungla degli affari: la congregazione è infatti una
          delle più ricche della Capitale, e gli aveva affidato la gestione dei
          suoi beni più preziosi. Ossia l’ospedale San Carlo di Nancy di Roma
          e l’Idi, l’Istituto dermopatico dell’Immacolata, uno dei più importanti

          centri dermatologici d’Europa.
             “Castità, obbedienza, povertà”, recita il regolamento dei
          confratelli. Decaminada, però, non è mai riuscito a impararlo a

          memoria. Almeno a giudicare dalle sue gesta e dal suo singolare
          rapporto con la cassa del nosocomio. Tutto comincia – come risulta
          dalle carte dell’inchiesta che la procura di Roma ha aperto nei suoi
          confronti – nel 2006 quando, prelevando 8900 euro, il frate decide
          di cominciare a usare l’Idi come un bancomat personale. In fondo,

          pensa, l’ospedale è della mia congregazione, e un “rimborso spese”
          così modesto, anche senza fatture allegate o giustificativi, chi vuoi
          che lo noti? Nessuno dei suoi sottoposti e confratelli, in effetti,

          sembra aver qualcosa da ridire. Nel 2007, così, il “rimborso spese”
          sale a 11 mila euro, l’anno successivo a 33.600 euro. Nel 2009 la
          cifra comincia a farsi importante: 84.550 euro. Per giustificare il
          prelievo don Franco non presenta mai uno scontrino, una ricevuta,
          una spiegazione: Decaminada è il padrone, fa quello che vuole.

          “Rimborso spese!” dice, e la cassa s’apre come la porta magica di Alì
          Babà. Passano le settimane e i prelievi crescono. A dismisura: nel
          2010 il frate preleva 116 mila euro, nel 2011 le “note spese”

          salgono a 155 mila euro. Il sacerdote talvolta si dimentica perfino di
          spiegare che i prelievi sono un rimborso personale, e comincia a
          prendere senza nemmeno dare una spiegazione. Così, sempre nel
          2011, si infila in tasca un totale di 987 mila euro, e nel 2012 altri
          746 mila euro. In parte – come ha denunciato chi scrive alla fine del

          2011 – spesi per l’acquisto di una villa chiamata “Ombrellino”,
          diciotto stanze extralusso in Toscana, a Magliano, circondate da
          ventitremila metri quadri di terreno e prati all’inglese.
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