Page 138 - Avarizia
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L’area sanitaria dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, su cui

          pesano i bilanci dell’ospedale, ha un debito complessivo che sfiora il
          miliardo (750 milioni verso le banche e 170 verso i fornitori), e il
          rischio crac è vicinissimo. La nota è datata 17 maggio 2012. Il rosso

          mostruoso sarebbe causato, ragiona il manager, dalla cattiva
          gestione e dal fatto che i crediti iscritti a bilancio che il management
          dell’ospedale sostiene di avere nei confronti della Regione Lazio
          (circa 820 milioni, che in teoria pareggerebbero i debiti) sarebbero
          in gran parte inesigibili. Se la cifra fosse iscritta nel bilancio

          complessivo della Cattolica, continua Profiti, le conseguenze
          potrebbero essere disastrose: “Impossibilità di accesso al
          finanziamento bancario strutturato e l’esposizione a possibili istanze

          di fallimento presso il tribunale di Milano da parte dei creditori
          ovvero, qualora la situazione dell’Università venisse a conoscenza
          del giudice, l’apertura della procedura fallimentare ex officio. Pare il
          caso di segnalare che il tribunale di Milano ha sviluppato un
          atteggiamento molto aggressivo”. Come dimostra, in effetti, il caso

          del San Raffaele di Milano.
             Se i sindacati ricordano che i problemi al Gemelli sono cominciati
          nel 2006 quando – nonostante nuovi accordi prevedessero che la

          Regione ripianasse solo le prestazioni sanitarie prodotte – l’ospedale
          ha continuato a spendere e a spandere, il promemoria esplicita che
          la Cattolica ha iscritto nel bilancio del suo ospedale (che non è un
          documento pubblico ma è “compreso” in quello dell’università)
          crediti che “rappresentano piuttosto pretese di ripiano a pie’ di lista

          dei costi annuali del Policlinico”. Un disastro, che per Profiti può
          essere risolto solo attraverso un’“operazione di razionalizzazione
          dei costi e di innalzamento della produttività” e una rapida

          sostituzione dei vertici, caratterizzati da una “assoluta carenza di
          visione e comprensione dei sistemi di negoziazione a livello
          istituzionale con conseguente inefficacia, pressoché totale, sugli esiti
          dei negoziati con regione e ministero”.
             Nel 2011 il Gemelli è diventato dunque un pozzo senza fondo, che

          perde decine di milioni l’anno. Difficile dire di chi sia la colpa. È un
          fatto che l’ospedale sia di proprietà della Cattolica, il cui cda è stato
          guidato dal 2002 al 2012 dall’ex rettore Ornaghi, dimessosi perché

          chiamato dall’allora premier Mario Monti a fare il ministro della
          Cultura. E di certo le scelte di Ornaghi e dell’ex direttore
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