Page 140 - Avarizia
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effetti, che per ripianare di anno in anno le perdite dell’ospedale

          l’ateneo è stato costretto a dilapidare un tesoretto da 6-700 milioni
          di euro. Una montagna di soldi messa da parte da Ornaghi in un
          decennio con l’intento di acquistare e ristrutturare una caserma di

          Stato situata a pochi metri di distanza dagli edifici del Gemelli. I
          soldi necessari all’allargamento sono stati inghiottiti dal buco nero
          del policlinico, ma nelle intenzioni dell’istituto e del rettore Anelli
          l’edificio resta obiettivo fondamentale per far crescere ancora
          l’ospedale, oggi primo ospedale oncologico d’Italia e tra i primi

          cinque poli d’eccellenza nazionali.
             Il ramo d’azienda del Gemelli, ad agosto 2015, è stato così ceduto
          dalla Cattolica a un nuovo ente autonomo, che sarà controllato a

          metà dal Toniolo e a metà dall’università. Mentre scriviamo Scola si
          sta dando da fare per cercare di riempire (di denaro) un fondo nato
          ad hoc per consentire all’ente indipendenza finanziaria. “Un
          centinaio di milioni sarebbero sufficienti,” ammette Elefante. Finora
          ne sono stati trovati circa 60, ma solo sulla carta: la metà di questi

          dovrebbe essere infatti investita dalla Cei guidata dal cardinale
          Angelo Bagnasco, ma i dubbi sull’impiego sono molteplici. La
          Conferenza episcopale inizialmente aveva ipotizzato di stornare al

          fondo del Gemelli un po’ di soldi provenienti dall’8 per mille, ma
          secondo un membro del comitato d’indirizzo del Toniolo
          “l’operazione è spericolata, visto che la legge che istruisce l’8 per
          mille determina anche i capitoli di spesa. Che non prevedono che la
          Chiesa possa usare i denari degli italiani per investirli nell’industria

          sanitaria”.
             Finora Scola ha cercato finanziamenti un po’ ovunque: ha chiesto
          ai potentissimi Cavalieri di Colombo, a imprenditori italiani, ha

          cooptato nel consiglio anche banchieri vicini a Comunione e
          Liberazione, come il presidente del Banco Popolare Carlo Fratta
          Pasini. Nessuno ha scucito un euro. Nemmeno Domenico Calcagno,
          il numero uno dell’Apsa, ha voluto finora dare un centesimo al nuovo
          fondo dell’ospedale vaticano. In questo caso contano anche i

          rapporti personali. Scola e Calcagno non hanno rapporti idilliaci,
          mentre il papa non vede di buon occhio l’arcivescovo di Milano dai
          tempi del conclave, quando l’ex patriarca di Venezia gli contese il

          trono pietrino.
             Sia come sia, Scola mentre cercava finanziatori s’è ingegnato
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