Page 109 - Avarizia
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milioni di euro”. I militari ci misero poco a notare la sproporzione

          tra lo stipendio del pastore e le sue enormi disponibilità
          economiche. Carabinieri e Guardia di finanza cominciano a indagare
          non più solo sul furto, ma pure sulle origini del patrimonio,

          scoprendo di tutto. In primis, che “l’enorme provvista del prete
          deriva, per la quasi totalità, da provviste economiche fornite dagli
          armatori D’Amico”. Studiando i conti correnti dello Ior, infatti, gli
          investigatori capiscono che Paolo, Cesare, Maurizio e Maria Cristina
          D’Amico fanno affluire denaro al sacerdote. In media arrivavano

          circa 100 mila euro al mese, sia attraverso bonifici personali sia
          attraverso società offshore come la Keats Trading e la Interbroker
          delle Isole Vergini Britanniche, e la Lennox Maritime e la Cherry

          Blossom, due società fantasma che “allo Stato sono risultate
          assolutamente sconosciute anche alle principali banche dati
          societarie a livello mondiale,” spiegano i giudici nel 2014: “per cui
          non si ha notizia alcuna non solo in ordine alla loro struttura
          societaria, ma addirittura in ordine alla loro esistenza”. Il sospetto è

          che i D’Amico, che in dieci anni hanno versato nei conti di Don 500
          euro oltre 3,2 milioni, usassero il conto di Scarano non per opere di
          beneficenza, come hanno tentato di giustificarsi, ma per riciclare

          denaro frutto di evasione fiscale. Per la cronaca, quando arrivava un
          bonifico sospetto, Nunzio diceva al funzionario dello Ior incaricato
          che i soldi “arrivano da un mio cugino d’America”. Tanto bastava
          per tranquillizzare il bancario e superare ogni controllo.
             I finanzieri, in effetti, hanno scoperto non solo il tentativo (fallito)

          del prete di far rientrare dalla Svizzera 20 milioni di euro di
          proprietà degli imprenditori, ma anche il riciclaggio di 588 mila
          euro che il sacerdote prelevò in contanti dal solito conto e che usò

          per estinguere un mutuo ipotecario che una sua società aveva
          contratto due anni prima con Unicredit. Un prestito, ovviamente,
          stipulato per accaparrarsi altri spazi per ingrandire la sua reggia.
             Scarano, secondo l’accusa, per ripulire il mallopppo domandò
          aiuto a una cinquantina tra amici e conoscenti, tra cui baronesse,

          imprenditori caseari, parenti e commercianti di surgelati, oggi tutti
          indagati per concorso in riciclaggio. In cambio di 10 mila euro in
          contanti a testa, ognuno ha consegnato a Nunzio un assegno da 10

          mila euro, ricevendo una certificazione di donazione. Una sorta di
          giroconto: le false “offerte” sono infatti arrivate allo Ior, sul conto
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