Page 105 - Avarizia
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“Don 500 euro”
A Salerno, dove è nato e cresciuto, lo chiamano “Don 500 euro”. A
Roma, dov’è stato rinchiuso per qualche settimana nel carcere di
Regina Coeli, i secondini lo chiamavano il “Paul Marcinkus de’
noantri”. Ma la battuta migliore su Nunzio Scarano, contabile
dell’Apsa fino al 2013, monsignore di mestiere e faccendiere per
hobby, l’ha fatta papa Francesco su un aereo di ritorno da un
viaggio in Brasile: “Pensate che Scarano sia finito in galera perché
somigliava alla beata Imelda?”, ha ironizzato citando la bambina
bolognese che nel Trecento morì in estasi dopo aver ricevuto
l’eucarestia. “Avere un prete in prigione è uno scandalo. È una cosa
che fa male.”
Le disavventure di don Nunzio, il primo prelato di curia a finire in
una prigione italiana, oggi libero e sotto processo sia a Roma che
nella sua Salerno, sono emblema della passione per il denaro che
investe talvolta gli uomini timorati di Dio. Perfino i magistrati hanno
notato i contraccolpi morali di storie come queste. “Ciò che è
allarmante,” ha scritto il giudice delle indagini preliminari di
Salerno, Dolores Scarone, “è che illeciti di così grave portata e
l’artificio e l’inganno che li sorreggono vengono perpetrati da un
alto prelato del Vaticano, da un uomo di Chiesa il cui agire nella
società è o dovrebbe essere, per insegnamento della stessa Chiesa
di Roma, ispirato ai valori dell’onestà, della verità, dell’umiltà e della
povertà.”
Al contrario due procedimenti paralleli, centinaia di
intercettazioni telefoniche e la rogatoria internazionale chiesta dai
giudici leonini ai colleghi italiani (richiesta mai avvenuta prima nella
storia giudiziaria tra Italia e Vaticano) disegnano il profilo di un
affarista da Guinness, amante dei soldi e della bella vita, con
frequentazioni imbarazzanti e una passione sfrenata per gli
immobili. Non solo. Il sacerdote è stato capace di mediare con
broker e 007 infedeli per riportare illegalmente in Italia 20 milioni
di euro custoditi nelle banche svizzere (secondo gli investigatori si
tratterebbe di soldi degli armatori campani Paolo e Cesare D’Amico)
e di riciclare centinaia di migliaia di euro per estinguere un mutuo
che pendeva sulla sua principesca casa nel centro di Salerno. Più
che un prete, aggiunge il tribunale del riesame di Roma, don Nunzio
è “un consumato delinquente”, con una personalità caratterizzata