Page 113 - Avarizia
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denaro pro indiviso prima a Giorgio, poi a Carlo Maria. Si tratta di
decine di milioni di euro. Per i primi anni tutto sembra filare liscio,
finché certe decisioni dell’arcivescovo insospettiscono alcuni
parenti. Prima Lorenzo (“mio fratello voleva indurmi a fare
testamento a favore di mio nipote monsignor Polvano. Altre volte
voleva intestare tutto a una società perché, sosteneva, ‘se divento
cardinale non sta bene che si sappia che abbiamo tutti questi
soldi’ ”), poi la sorella Rosanna, che nell’ottobre 2012 decide di
querelarlo davanti ai magistrati della procura dei Grigioni, in
Svizzera, si rivoltano contro il moralizzatore.
La storia è incredibile. Viganò nel corso degli anni avrebbe
ricevuto dalla sorella circa 900 milioni di lire frutto dell’eredità
paterna. Denaro con cui il prelato avrebbe comprato un
appartamento nel paese di San Bernardino, pagato 430 mila franchi
svizzeri. L’immobile fu intestato a Carlo Maria Viganò con il
consenso della sorella: se da cittadino vaticano il monsignore non
avrebbe pagato le tasse, dall’altro lato Rosanna avrebbe potuto
nasconderlo al fisco italiano. Improvvisamente nel 2012, però,
Viganò senza avvertire nessuno decide di vendere la casa,
mantenendo per sé tutto il profitto. A quel punto, Rosanna e il suo
avvocato Roberto Keller vanno dai magistrati e spifferano tutta la
storia denunciando l’arcivescovo.
“Carlo Maria Viganò è diventato, circa nel 1973, segretario della
nunziatura a Baghdad,” spiega il 12 novembre 2013 Rosanna
Viganò in un verbale. “Da quel momento egli era in possesso del
passaporto diplomatico. In Italia erano i tempi delle Brigate rosse.
Si era quindi deciso di trasferire i nostri capitali in Svizzera. Io ho
dato, in presenza di mia madre, a Carlo Maria i miei soldi, che li ha
messi in una cartella molto usata, per poi depositarli presso il Credit
Suisse a Lugano sul conto rubrica ‘Omnes’. Gli ho dato circa 500
milioni di lire. Poi gli ho dato due tranche successive di 200 milioni
di lire ciascuna. In totale quindi circa 900 milioni di lire. Carlo Maria
mi disse che i miei soldi sarebbero stati messi su una rubrica
denominata ‘Cioppì’, nomignolo da lui dato a mia figlia. Le ricevute
dei soldi rimanevano in banca come concordato con i fratelli. So che
Carlo Maria ha pure versato dei soldi su un conto presso l’Ubs. Si
tratta di soldi, o parte dei soldi, trasferiti dai nostri fratelli dal Banco
Ambrosiano alla Banca del Gottardo.”