Page 114 - Avarizia
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L’avvocato Keller il 18 ottobre 2012 spiega con dovizia di
particolari il sistema messo in atto dai Viganò per proteggere al
meglio il loro patrimonio: “Carlo Maria Viganò ispirava dei
trasferimenti di denaro all’estero e più precisamente in Svizzera. In
questi termini egli agì da spallone, servendosi anche del passaporto
diplomatico. Fu così che anche Rosanna Viganò gli affidò ingenti
somme di denaro. L’attività di Carlo Maria Viganò nel trasferire
ingentissime somme di denaro dall’Italia alla Svizzera era febbrile.
In effetti, sfruttando il corriere diplomatico, Carlo Maria Viganò
faceva confluire su appositi conti cifrati presso le banche Ubs e
Credit Suisse di Lugano, cospicue somme. A Rosanna, Carlo Maria
Viganò non fornì mai precise indicazioni su questi depositi
‘calderoni’, né sulla loro consistenza e nemmeno sulla loro chiara
suddivisione”. In una memoria difensiva del 31 luglio 2013 il nunzio
degli Stati Uniti replica alle accuse, dicendo di aver venduto “beni
immobili di sua esclusiva proprietà, in relazione ai quali Rosanna
Viganò non ha mai avuto (e non poteva vantare) alcun diritto o
pretesa”.
È un fatto, però, che a febbraio 2014 lo scontro si conclude con
una transazione: Carlo Maria ha versato 180 mila franchi svizzeri
all’avvocato Keller, che li ha girati in beneficenza a un ospedale in
Tanzania dove lavora come volontaria una delle figlie di Rosanna. La
quale, contestualmente, ha ritirato la denuncia. La passione per le
movimentazioni milionarie, per uno dei monsignori più ricchi del
Vaticano, è stata al centro anche di uno degli ultimi scandali in cui è
stato coinvolto lo Ior: nel 2010, infatti, dopo una segnalazione
dell’Uif, l’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia, la
procura di Roma sequestrò preventivamente 23 milioni di euro che
l’istituto vaticano aveva parcheggiato su un conto del Credito
Valtellinese, una tappa prima della destinazione finale dei soldi, che
dovevano finire in parte in una filiale tedesca della J.P. Morgan a
Francoforte e in parte minore alla Banca del Fucino. Bankitalia
aveva acceso un faro sulle operazioni, perché esse non sembravano
rispettare il decreto legislativo del 2007, quello che impone obblighi
di trasparenza e di adeguata verifica dei reali soggetti che compiono
transazioni e bonifici. L’indagine fece scalpore, perché i pm
indagarono per presunta violazione delle norme antiriciclaggio
l’allora presidente dello Ior Gotti Tedeschi (del tutto scagionato a