Page 99 - A spasso con Bob
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potesse andare dal coordinatore di Big Issue e lamentarsi di noi per qualche strano
motivo. Per fortuna ero completamente fuori strada. Il giorno seguente la donna si
ripresentò con un sacchetto del supermercato con dentro del latte speciale per gatti e
delle scatolette da gourmet.
«Sono per te, Bob», disse la bella signora, poggiando i doni a terra davanti a lui.
«Se è d’accordo, glieli darò per cena stasera», commentai, ringraziandola.
«Ma certo, quello che va bene per lui va bene anche per me», mi rispose lei
gentilmente.
Dopo quella volta, altri abitanti del quartiere avevano cominciato a portare dei
regali.
La nostra postazione non era molto lontana dal supermercato e così le signore,
quando andavano a fare la spesa, aggiungevano sempre un pensierino per Bob e poi
glielo lasciavano tornando a casa.
Un giorno, erano trascorse poche settimane da quando ci eravamo spostati ad
Angel, le confezioni di latte, scatolette di cibo e lattine di tonno erano così tante che
non mi era bastato lo zaino per contenerle e avevo dovuto chiedere alla commessa
del supermercato una grande busta di plastica. Tornato a casa, avevo riempito uno
scaffale dell’armadietto di cucina: c’erano scorte per un’intera settimana.
Se poi facevo un confronto con il personale della metropolitana, Angel sembrava
un altro pianeta. A Covent Garden mi trattavano come se fossi il diavolo in persona
o il peggiore dei loro nemici. Qui, invece, i controllori che lavoravano nella stazione
si erano dimostrati fin dall’inizio affettuosi e generosi con Bob.
Un giorno era stato particolarmente afoso e il termometro aveva superato i 32
gradi. La gente indossava magliette a maniche corte, nonostante fossimo già in
autunno, e io stavo sudando come un matto nei jeans e T-shirt neri.
Sapendo come i gatti detestino il caldo, avevo spostato Bob in una zona d’ombra
alle mie spalle, consapevole tuttavia della necessità di procurargli subito dell’acqua
fresca. Prima che riuscissi a radunare le mie cose per fare un salto al supermercato,
una figura era emersa dalla stazione con una bella ciotola d’acciaio piena di acqua
fresca. L’avevo riconosciuta subito: era Davika e lavorava alla biglietteria giù in
metropolitana. Più di una volta avevamo scambiato qualche parola.
«È per Bob», disse la donna grattandogli il collo e poggiando a terra la ciotola.
«Non vogliamo che si disidrati, giusto?» proseguì.
Il mio micio non perse tempo in convenevoli e si precipitò a lappare l’acqua. La
cosa che più mi stupiva di lui era il modo in cui riusciva subito a conquistare le
persone, gli erano bastate due settimane per farsi amare dagli abitanti del quartiere.
Anche Angel però aveva i suoi problemi, dopotutto eravamo sempre a Londra e
nell’area attorno alla metropolitana si raccoglieva troppa gente. Era qui che si
concentrava il maggiore numero di passeggeri e di conseguenza la zona pullulava di
venditori ambulanti, ragazzi che distribuivano gratuitamente quotidiani e riviste,
persone che raccoglievano fondi per associazioni no profit e anche molti