Page 94 - A spasso con Bob
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poliziotto,  dopo  avermi  invitato  ben  tre  volte  ad  andarmene,  mi  aveva  ammonito

          dicendo  che  se  mi  trovava  ancora  in  giro  a  vendere  giornali  da  quelle  parti  mi
          arrestava e io non volevo certo correre un rischio simile.
             Sembrava proprio di vivere in un circolo vizioso. Dovevo tenermi alla larga dai

          luoghi più frequentati e scegliere dei punti che fossero fuori dai «percorsi battuti»,
          ma in questo modo era quasi impossibile vendere, nonostante la presenza di  Bob.
          Non  a  caso  l’editore  del  giornale  aveva  fatto  una  mappatura  del  centro  città,
          scegliendo i posti migliori.  Sapeva perfettamente dove si vendeva di più e anche
          dove  era  più  difficile,  esattamente  quelli  che  stavo  frequentando  io  nell’ultimo

          periodo.
             La gente era ancora attratta da Bob, ma non bastava per chiudere la giornata in
          attivo. Diventava sempre più complicato gestire la situazione e quella sera mi erano

          rimaste  ancora  quindici  copie  che  dovevo  vendere  al  più  presto,  prima  che
          diventassero carta da macero. Ero veramente preoccupato.
             Mentre  stava  diventando  buio  e  la  pioggia  continuava  incessante,  mi  imposi  di
          tentare ancora in un paio di posti, ma non avevo fatto i conti con Bob.
             Fino  a  quel  momento  il  mio  amico  si  era  comportato  come  un  angioletto,

          sopportando  tutte  le  difficoltà  di  quella  terribile  giornata.  Le  auto  che  passavano
          sulle strade avevano continuato a schizzarlo e lui non aveva «protestato» anche se
          sapevo  bene  quanto  detestasse  sentirsi  il  pelo  bagnato.  Ma  quando  cercai  di

          fermarmi e di sedermi al primo incrocio della via, lui si rifiutò e cominciò a tirare al
          guinzaglio come fanno i cani.
             «Okay, ho capito, questo posto non ti piace», dissi, pensando ingenuamente che
          fosse soltanto quello il problema. Ma quando raggiungemmo la seconda postazione,
          la scenetta si ripeté e poi ancora un’altra volta, finché finalmente capii.

             «Vuoi andare a casa, vero?» gli chiesi. Stava ancora trotterellando al guinzaglio
          ma quando sentì le mie parole rallentò l’andatura e in maniera quasi impercettibile
          piegò  la  testa  nella  mia  direzione  e,  per  quanto  assurdo  possa  sembrare,  alzò  il

          sopracciglio. Poi mi fissò con quel suo tipico sguardo supplicante che ormai avevo
          imparato a riconoscere: chiedendomi in silenzio di prenderlo in braccio. E fu in quel
          preciso istante che mi decisi.
             Fino  a  quella  sera  Bob  era  stato  una  roccia,  era  rimasto  fedele  al  mio  fianco,
          benché gli affari stessero andando male e la sua ciotola fosse spesso mezzo vuota.

          Era stato leale con me e adesso anch’io doveva ripagare la sua fiducia e presentarmi
          negli uffici di Big Issue.
             Quel lavoro mi serviva e non potevo mollarlo adesso, non era giusto né per me né

          per lui.
             Così, il lunedì mattina feci la doccia, indossai jeans e maglietta puliti e mi diressi
          con Bob a Vauxhall.
             Non sapevo che cosa sarebbe successo. Ovviamente se mi ritenevano colpevole di
          un comportamento scorretto mi avrebbero punito, ma io speravo ancora di potermi
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