Page 92 - A spasso con Bob
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inutilmente.

             Le parole di  Sam, quindi, non mi sorpresero più di tanto, in fondo sapevo che
          qualcosa  prima  o  poi  sarebbe  accaduto,  ma  furono  comunque  un  duro  colpo  da
          mandare giù. Quando mi allontanai dalla piazza ero frastornato, intontito. Non avevo

          la più pallida idea di che cosa volesse dire stare nella «lista dei cattivi».
             Arrivati a casa, cenammo presto e andammo subito a letto. La temperatura si era
          abbassata  e  nel  timore  di  una  drastica  riduzione  delle  mie  entrate,  pensai  di
          cominciare subito a risparmiare, partendo dal consumo dell’energia elettrica.  Con
          Bob  acciambellato  ai  piedi  del  letto,  mi  infilai  sotto  le  coperte  cercando

          disperatamente di trovare una soluzione per i giorni a venire.
             Che cosa significava quella sospensione? Che venivo cacciato per sempre o che
          mi davano soltanto una bella lavata di capo? Non ne avevo la più pallida idea.

             Mentre ero sdraiato mi passavano per la testa mille ricordi, pensavo a come ero
          stato  costretto  a  smettere  di  suonare  per  colpa  di  un’ingiustizia.  Non  riuscivo  a
          sopportare l’idea che la mia sopravvivenza fosse minacciata per la seconda volta
          dalle menzogne di qualche infingardo.
             Quello che stavo vivendo adesso mi sembrava ancora più ingiusto. Ero innocente,

          diversamente da altri venditori che avevano infranto il regolamento e che erano stati
          soltanto rimproverati dai coordinatori.
             C’era un tizio, per esempio, che noi venditori conoscevamo piuttosto bene. Era un

          omaccione  insolente  che  affrontava  i  passanti  con  un  tono  della  voce  piuttosto
          minaccioso. Aveva  spaventato  alcune  signore  esortandole  con  un:  «Avanti,  forza,
          compra questo giornale!»  Parole che sembravano sottintendere: «Perché se non lo
          fai, io…»
             Pare anche che arrotolasse le copie di Big Issue e le infilasse di nascosto nelle

          borse delle persone che si fermavano per un attimo davanti al suo appostamento. Poi
          le inseguiva e le rimproverava: «Mi deve dare due sterline», non mollandole finché
          non riceveva il denaro. Di solito le vittime pagavano e poi buttavano il giornale nel

          primo bidone della spazzatura. I soldi, tra l’altro, non servivano neanche a una buona
          causa perché era un giocatore incallito e tutto quello che incassava lo buttava dentro
          le slot machine.
             Aveva infranto una montagna di regole e, a mio avviso, era pazzesco che non fosse
          mai stato punito.

             Qualunque scorrettezza avessi mai compiuto, non era certo paragonabile a quel
          modo  di  comportarsi  e  comunque  era  la  prima  volta  che  venivo  sospeso.
          Sicuramente dovevano tenerne conto, non potevano cacciarmi al primo errore… Il

          problema era che non lo sapevo e questo mi precipitò nel panico.
             Più ci pensavo e più ero confuso e disorientato, ma sapevo anche che non potevo
          restare con le mani in mano. Così, la mattina successiva decisi di andare ugualmente
          in  centro,  come  se  nulla  fosse  successo,  rivolgendomi  allo  stand  di  qualche  altro
          coordinatore.  Era ovviamente rischioso, ma non avevo altra scelta.  Sapevo, come
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